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BERLINALE 2006 - CONCORSO

Pubblicato il 26 febbraio 2006 da Giovanella Rendi


BERLINALE 2006 - CONCORSO

Quello che ricorderemo di più di questa 56° Berlinale è forse il trionfo dei “grandi vecchi”: Altman (classe 1925), che con il suo A Prairie Home Companion torna a rendere omaggio alla provincia americana, Lumet (1924) con l’avvincente vicenda giudiziaria Find me guilty e Chabrol (1930) che con L’ivresse du pouvoir abbandona segreti e bugie delle famiglie di provincia per scavare nella corruzione del sistema economico francese. Tre opere realizzate con il consueto mestiere (ognuna porta il marchio di fabbrica inconfondibile del suo regista), assolutamente godibili e ben più politiche delle pellicole più scopertamente impegnate. Meritoria appare comunque la decisione della giuria presieduta da Charlotte Rampling di premiare a sorpresa il piccolo film bosniaco Grbavica, acerbo ma con momeni di grande intensità, della documentarista Jasmila Žbanić, dedicato agli stupri etnici durante la guerra dei Balcani, che insieme all’Orso d’argento a En Soap, opera prima di Pernille Fischer Christensen, e al premio “Alfred Bauer” all’argentino El Custodio di Rodrigo Moreno, dimostra la volontà di incoraggiare e sostenere chi altrimenti rischia ben presto di scomparire dagli scenari internazionali. Più prevedibili, e comunque in linea con lo slogan Toward Tolerance che da qualche anno contraddistingue questa manifestazione, sono i riconoscimenti a The road to Guantanamo di Michael Winterbottom e Mat Whitecross, cui forse però avrebbe giovato attenersi esclusivamente alla forma documentaria, e a Offside di Jafar Panahi, che torna ad indagare la condizione femminile in Iran, stavolta dall’ottica un po’ furba del calcio, strizzando l’occhio agli imminenti mondiali di Germania.
Nulla da eccepire sui riconoscimenti al cinema tedesco, che si è distinto per grande maestria tecnica e ricerca di originalità, e che approda al palmares attraverso i suoi attori: grandi interpretazioni hanno offerto infatti sia Moritz Bleibtreu (in Elementarteilchen di Oskar Roehler), Jurgen Vogel (Die freie Wille di Mathias Glasner) per cui è stato creato ad hoc un premio per il migliore contributo artistico anche in quanto produttore, e soprattutto Sandra Hüller, protagonista del drammatico Requiem di Hans-Christian Schmidt. Spiace registrare invece l’assenza di qualsiasi riconoscimento per Sehnsucht di Valeska Grisebach, ingannevolmente minimalista, a nostro giudizio una delle opere migliori di tutto il festival.
Nonostante il premio per la migliore colonna sonora a Isabella del regista di Hong Kong Pang Ho-cheung delude invece la componente asiatica che da tempo costituiva un punto di forza del concorso e in particolar modo Invisible Waves di Pen-ek Ratanaruang che, malgrado alcuni momenti felici e la presenza dell’attore Asano Tadanobu, non riesce a ripetere la commistione di tragedia e leggerezza che aveva caratterizzato Last life in the universe.
La sensazione, a festival concluso e nel tentativo di tracciare un bilancio generale, è che il concorso tenda sempre più a rifugiarsi nella sicurezza di un certo politically correct, lasciando tutta la sperimentazione ai percorsi paralleli di “forum” e “panorama” dove abbondano invece le scelte coraggiose e controcorrente.
Non sarebbe male una “trasfusione” di novità: staremo a vedere l’anno prossimo.

Giovannella Rendi, 26/02/06


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