Berlino 2008 – Kabei - Concorso

Beniamino da tempo della Berlinale, Yoji Yamada torna a partecipare al concorso con Kabei-My Mother. Considerato lo specialista giapponese di “commedie realistiche”, il regista mette in scena ancora una volta una lunga ed intensa epopea ma, a differenza dei precedenti The Twilight Samurai (2002), The Hidden Blade (2004) e Love and Honour (2006), il cui comune denominatore è il Giappone medievale, ambientata a Tokyo durante la seconda guerra mondiale. Come di consueto nelle opere di Yamada, la “Storia” si intreccia con la “storia”, i fatti politici appaiono e scompaiono continuamente dietro alle vicende personali dei suoi protagonisti, i grandi eventi condizionano le vite della piccola gente ma alla fine quello che è realmente importante sono i sentimenti.
Affascinato dalle figure di eroici perdenti, di norma Samurai destinati ad un fallimento accettato con orgoglio, il regista stavolta costruisce la sua pellicola intorno ad una figura femminile, quella di Kayo detta affettusamente dal marito “Kabei”, che sposata con un intellettuale dissidente arrestato nel 1940, lotta da sola per la sopravvivenza del marito in carcere e delle due giovani figlie a casa. Seppur imbrigliata nelle rigide regole che soffocano la figura femminile nell’eterno sorriso di obbedienza, si rivela come una donna innamorata del marito e soprattutto una disincantata Mutter Courage cui di rivedere suo marito nell’aldilà (come cercano di confortarla quando arriva la sua ora) non importa nulla, se non può amarlo in questa vita. Alternando come di consueto con grande maestria momenti di leggerezza e di grande commozione (buona parte della platea ha passato il tempo con il fazzoletto a portata di mano), Yamada sfiora l’epica per lasciare sempre il posto al dramma familiare intimista, costruito forse senza grande fantasia estetica (l’immagine è spesso una garbata illustrazione della sceneggiatura) ma anche senza manierismi. Scandito dalla ripetizione di piccoli gesti quotidiani rivelatori di mille stati d’animo e in particolare dell’adolescenza e dell’infanzia delle due figlie di Kabei, il film scorre lieve facendo dimenticare la sua lunga durata.
La follia della guerra, infatti, si ferma quasi sempre sulla soglia della porta di casa, si evince più dalle privazioni di cibo e riscaldamento che fanno piangere la bambina, più che dal passaggio degli aerei militari e del breve flash back sull’affondamento di una nave da parte di un sottomarino.
Tuttavia, senza enfasi ma spesso solo attraverso un telegramma o una nota della voce narrante di una delle figlie, i personaggi scompaiono ad uno: chi viene arrestato non può più vedere i suoi figli e non torna a casa, chi va in guerra muore giovane senza essere caro agli dei, chi deve andare a casa a curare la madre malata, come la giovane zia Isako, viene spazzato via dalle radiazioni perchè purtroppo è nato a Hiroshima.
(Kabei) Regia: Yoji Yamada; sceneggiatura: Yoji Yamada, Emiko Hiramatsu dalla novella di Teruyo Nogami “Requiem for a father”; fotografia: Mutsuo Naganuma; montaggio: Iwao Ishii; interpreti: Sayuri Yoshinaga (Kabei), Mitsugoro Bando (Tobei), Tadanobu Asano (Yamasaki), Rei Dan (Isako), Tsurube Shofukutei (Senkichi); produzione: Kabei Film Partners; origine: Giappone 2007; durata: 133’.
