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Berlino 2009 - Happy Tears - Concorso

Pubblicato il 12 febbraio 2009 da Salvatore Salviano Miceli


Berlino 2009 - Happy Tears - Concorso

Le stimmate del predestinato ci sono tutte. Mitchell Lichtenstein, figlio del grande artista Roy, dopo le prove come attore per registi del calibro di Altman (Streamers), Malle (Crackers) e Ang Lee (Il banchetto di Nozze), torna dietro la mdp dopo l’ottimo esordio del 2007 con Teeth (t.i. Denti), presentato con successo al Sundance.
Archiviato il semihorror dell’esordio, Lichtenstein sceglie una storia molto più comune, quella di una piccola famiglia della provincia americana in cui le due sorelle (diverse in tutto e per tutto ma profondamente legate) tornano a vivere nella casa della loro infanzia per accudire il padre ormai vecchio e bisognoso di continue attenzioni.
Probabilmente memore delle esperienze passate nelle vesti di interprete, il regista riesce a creare una perfetta alchimia tra le due protagoniste principali, Parker Posey e Demi Moore, destinando poi due piccoli ruoli ad Ellen Barkin (più svampita e in preda agli eventi che mai) e a Rip Torn, nelle vesti di un uomo colpito da una demenza senile che va aumentando ma, nonostante la malattia, in grado di regalare battute intrise di velenosa ironia. Il film è tutto qui. Come detto è una piccola storia, comune a tante altre. La particolarità, ed il conseguente pregio, risiede nell’abilità del regista di confezionare sequenze improntate ad un duro (a volte) realismo ed altre che si aprono, visivamente e concettualmente, ad un surreale che strizza l’occhio all’onirico. Ci riesce approfondendo i contrapposti caratteri delle due sorelle. Matura e concreta una (Demi Moore), sognatrice, insicura e incostante negli affetti l’altra (Parker Posey). Proprio i suoi ricordi, legati al sogno di una gravidanza che tarda ad arrivare, trasfigurano la realtà e, tramite le immagini, conducono in un mondo fatto di simboli e di segni che ricordano l’astrazione tipica della pittura. La Posey si lascia andare ad una recitazione nevrotica che riempe lo schermo con i suoi tic e i movimenti del corpo tesi e nervosi. Ancora più apprezzabile quindi risulta la prova della Moore che mitiga alla perfezione gli eccessi della sorella mostrando notevole semplicità e naturalezza. Insieme compongono una coppia che funziona assai bene.
La regia non prevarica in alcun momento la sceneggiatura, ne asseconda le pieghe intime sottolineandone i diversi passaggi di tono e di stato d’animo. Sarebbe stato un errore il contrario dal momento che proprio lo script (a firma dello stesso Lichtenstein) sembra essere il punto di forza del film. Non si sfiorano vette altissime però Happy Tears resta apprezzabile per il semplice, e soprattutto poco presuntuoso, spaccato della famiglia americana che veicola attraverso le sue immagini.
Racconta una storia personale e lo fa, e qui sta quella particolarità che lo rende un prodotto riuscito, con onestà e precisione, mettendo in mostra una scrittura abile e non retorica (e in Italia, dove i racconti familiari abbondano, è abbastanza difficile restare immuni dal già detto e già visto). Novanta minuti di apprezzabile intrattenimento.


CAST & CREDITS

(Happy Tears) Regia, soggetto e sceneggiatura: Mitchell Lichtenstein; fotografia: Jamie Anderson; montaggio: Joe Landauer; musica: Robert Miller; scenografia: Scott Anderson; costumi: Stacey Battat; interpreti: Parker Posey (Jayne), Demi Moore (Laura), Ellen Barkin (Shelly), Rip Torn (Joe); produzione: Pierpoline Films; distribuzione: Cinetic Media; origine: USA, 2009; durata: 95’


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