Berlino 2009 - Rage - Concorso

Infiniti possono essere i modi di esprimersi e di comunicare in immagini tramite il cinema. Le direzioni di un racconto possono avere le più svariate soluzioni. Sally Potter per Rage sceglie di declinare la sua storia servendosi di una dinamica propria della testimonianza. I quattordici personaggi si alternano davanti il cellulare di Michelangelo, studente che ha deciso di seguire la settimana della moda per inserire il girato sul suo blog. Sono tutti collaboratori della stessa maison (stilista, modelli e modelle, direttrice, etc.) e si confessano alla telecamera del giovane regista in una escalation che li porterà, partendo dagli argomenti più futili, a sviscerare un bisogno incontrollabile di darsi in pasto alle immagini, di mettere a nudo il proprio io davanti l’obiettivo sempre più consapevole del giovane regista.
In scena accade solo questo, l’alternarsi dei protagonisti, mentre fuori campo avviene un incidente, una indagine per omicidio e l’innalzarsi di un delirio che avrà nell’epilogo il suo culmine. La volontà della Potter appare abbastanza chiara: da un lato parodiare il mondo narciso della moda, dall’altro analizzare e porre in evidenza tempi, modi ed effetti di una comunicazione ormai sempre più globale, priva di filtro e immediatamente recepibile e consumabile attraverso canali aperti a tutti come internet. Il risultato non può che essere controverso.
Non mancherà chi si troverà spiazzato ma del tutto affascinato e convinto dalla visione del film e chi, come noi, resterà un po’ più perplesso, in bilico tra gli elementi interessanti, che non mancano, e il sospetto di assistere a un gioco un po’ troppo fine a stesso; una forma di cerebralismo spinto eccessivamente oltre. I personaggi sono il punto di forza di Rage (tra cui un Jude Law che sfidiamo chiunque a riconoscere).
Dallo stilista mediorientale alla modella trans, dalla direttrice austera e severa al fattorino della pizza che sogna un futuro in passerella, tutti restano ammaliati dall’occhio elettronico sentendosi in dovere di porre in evidenza la propria diversità, il lato più speciale di sé. Così sullo schermo passano i volti o i mezzi busti ripresi su un fondale digitale dal colore sempre diverso ed in qualche modo legato alle parole e ai personaggi presenti in video. Visivamente è una trovata accattivante che però stanca abbastanza presto. L’essere travolti da un flusso di parole costante e ricco di informazioni e di tracce da seguire per ricostruire l’interezza del progetto sfianca chi osserva e non sempre il messaggio centra l’obiettivo.
L’azione (gli omicidi, la rivolta dei ragazzi tutti con le armi in pugno) riservata al fuori campo è una scelta che non disturba, al contrario incuriosisce, così come la decisione di non mostrare mai il volto di Michelangelo lasciando solamente intuire le reazioni di chi improvvisamente si rende conto (a torto o a ragione è dato a noi deciderlo) della propria colpevolezza. Sicuramente Rage non è pellicola da liquidare con faciloneria, bensì una riflessione sull’epoca contemporanea, cinema incluso, che merita di essere prima vista e poi approfondita. Se anche il film si detestasse, basterebbero i volti esplorati con accuratezza anatomica di Judi Dench, Steve Buscemi, Jude Law, Dianne West (e molti altri ancora) per non rammaricarsi troppo della visione.
(Rage) Regia, soggetto e sceneggiatura: Sally Potter; fotografia: Steven Fierberg; montaggio: Daniel Goddard; interpreti: Steve Buscemi (Frank), Judi Dench (Mona Carvell), Jude Law (Minx), Dianne West (Edith Roth), Adriana Barazza (Los Angeles); produzione: Adventure Pictures, Vox3 Films; distribuzione: 6Sales Entertainment Grouop; origine: USA, UK, 2009; durata: 99’
