Berlino 2011. Conferenza Stampa True Grit

10 febbraio 2011: tredici anni dopo The Big Lebowski i fratelli Coen tornano a Berlino per presentare True Grit, in cui – per la prima volta dopo il loro film culto del 1998 – Jeff Bridges è di nuovo il protagonista. “E’ curioso pensare che quello di Berlino è proprio il Festival in cui The Big Lebowski è stato presentato in Europa, dice Joel Coen. "Quando siamo venuti allora Jeff non era con noi, oggi invece si”.
Alla conferenza stampa di True Grit ci sono infatti proprio tutti, ad eccezione di Matt Damon: i Coen, Jeff Bridges, Josh Brolin e la giovane protagonista Hailee Stanfield, appena esordiente ma già candidata ad un oscar proprio grazie al film dei due fratelli americani. “Quando uscì il Grande Lebowski in America fu abbastanza un fiasco, solo in Europa fu molto apprezzato”, continua Joel. “Per questo è bello essere di nuovo qui a Berlino con il nostro ultimo film. Col passare del tempo, grazie al mercato dell’home-video, Il grande Lebowski è stato rivalutato negli Stati Uniti, ed è diventato l’origine di un culto veramente ridicolo”.
Non sono mai troppo concilianti i due fratelli, soprattutto con chi chiede loro del rapporto che True Grit intrattiene con il suo predecessore del 1969, girato da Henry Hathaway e in cui il protagonista era The Duke (invece che the Dude): John Wayne. “Non abbiamo mai rivisto quel film da quando uscì, ed eravamo molto piccoli”, spiega Ethan. “Praticamente lo ricordiamo a malapena. Non volevamo fare il remake del film, ma ripartire dall’opera letteraria (scritta nel 1968 da Charles Portis), fare un adattamento cinematografico del libro”. A chi reagisce un po’ piccato per il fatto che non si tessano le lodi del grande attore americano i Coen non danno nessuna soddisfazione. “John Wayne è un’icona, come il Mount Rushmore”, dice Ethan, e come spesso accade Joel completa il suo pensiero: “ma non sono certo che John Wayne significhi qualcosa per i ragazzi americani di oggi. Certo, era un attore favoloso, ma probabilmente mio figlio di 16 anni non ha idea di chi sia”. Difficile alle volte credere alle provocazioni dei due registi, ma sicuramente impossibile ottenere qualche risposta che non sia almeno un po’ provocatoria. A rincarare la dose, però, è Josh Brolin: “John Wayne è l’incarnazione di un sistema di valori molto semplice da comprendere a cui è facile attaccarsi, un po’ come Ronald Reagan”, dice l’attore riferendosi con sarcasmo alle convinzioni politiche del Duca. A chi invece chiede della violenza che spesso imperversa nei film firmati fratelli Coen, Ethan risponde laconicamente: “sono le storie a interessarci, è la bellezza di una storia a spingerci a fare un film, non un aspetto in particolare”.
Molte sono anche le domande per gli attori. Ad Hailee Stanfield viene chiesto quale sia stata la sfida più grande nella realizzazione di True Grit. “Nessuna in particolare, ogni giorno era qualcosa di diverso. Ma una volta memorizzato il copione andava tutto bene”. “Non si è lamentata neanche quando l’abbiamo fatta arrampicare su un albero altissimo, ed è dovuta restare lì per un po’”, scherza Joel Coen. “La sfida più grande per me – continua Jeff Bridges – è stata essere comprensibile quando parlavo”. Il suo personaggio infatti è un ubriacone dell’ Arkansas, e il suo “linguaggio” è talmente difficile da capire che – scherza Joel - “anche in America è stato sottotitolato”.
Dopo No Country for Old Men, un altro western. “Ma la parola western andrebbe messa tra virgolette”, spiega Joel a chi vuole sapere cosa abbia attratto i due fratelli verso il genere americano per eccellenza. “True Grit è un western solo perché si svolge nell’America del sud nel 1870, ma non credo che l’epopea western sia ciò su cui il libro è incentrato. Il nostro è un western solo per caso”.
Niente ermeneutica con noi, per cortesia: giriamo capolavori solo per caso.
