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Berlino 2011 - Lipstikka - Concorso

Pubblicato il 18 febbraio 2011 da Giovanna Branca


Berlino 2011 - Lipstikka - Concorso

Un evento traumatico è il nodo da cui scaturisce la narrazione di Lipstikka, dell’israeliano Jonathan Sagall. Due amiche palestinesi da lungo tempo residenti a Londra si rincontrano dopo molti anni, ed essere di nuovo insieme dà avvio ad una serie di ricordi “aggressivi” che – in forma di flashback – vanno a ritroso nel tempo dai primi tempi del loro arrivo in Inghilterra, sempre più indietro, fino al trauma originario, da ragazzine, quando ancora vivevano a Ramallah. Il momento in questione esercita una forza centripeta sulla narrazione, che tende interamente – su tutti i piani temporali dispiegati sullo schermo - verso la rielaborazione e la riviviscenza del trauma. Mano a mano che ci si avvicina all’evento, la memoria prende il sopravvento su ciò che accade nel “presente” della storia: i flashback si fanno più numerosi e duraturi fino a rendere il film speculare rispetto alla composizione di partenza, in cui il tempo attuale inglobava dei rari e fulminei momenti di ricordo. Inam è bella ed estroversa, vagamente ninfomane, mentre Lara è molto meno bella, seriosa e pienamente calata nel ruolo di moglie (infelice) e madre. A legarle è soprattutto una relazione sentimentale che va avanti dall’adolescenza, ma a cui non è mai stato dato modo di esprimersi pienamente. I ricordi del passato si fanno sempre più incalzanti mano a mano che le due passano del tempo insieme, ma i flashback non sono chiaramente assegnabili ad una delle protagoniste, in quanto contengono il punto di vista di entrambe. Anche se apparentemente sembrerebbero riconducibili alla “guardona” Lara, si fa sempre più evidente come siano anche il frutto di una rielaborazione successiva di Inam. Alla progressione verso il passato coincide infatti un incrinarsi delle certezze sul presente, sull’identità delle due donne su cui la storia è incentrata e soprattutto di quella di Inam, che sempre più evidentemente nasconde un segreto. Lipstikka - che ha inizio con una sequenza magistrale – non mantiene sempre alto il livello della narrazione, specialmente per quanto riguarda l’aspetto visivo: le inquadrature ondeggianti fanno più venire il mal di mare che trasmettere un senso di disagio interiore. La dimensione sessuale è alle volte un po’ troppo insistita, un po’ troppo pesante; la recitazione non sempre brillante. Ed infine, il topos del soldato cattivo e di quello buono ha più il sapore di una pressione dall’alto per cercare di addolcire la rappresentazione della brutalità dell’esercito israeliano che non di una vera e propria scelta narrativa. Considerati i presupposti (protagoniste palestinesi, regista israeliano) forse il trauma non poteva che aver avuto luogo in un posto preciso: sul confine che divide Israele dalla Palestina, o appena al di là di esso. In questo modo il film – incentrato su una tragedia personale – si fa anche metafora della violenza traumatizzante esercitata sul popolo palestinese dallo stato ebraico. Una volta mostrato sullo schermo, il momento a cui l’intero film ci aveva preparati è rivissuto due volte, ma non secondo i due punti di vista di Lara e Inam: inizialmente è mostrato edulcorato, forse da una memoria patologica che cerca di smussare il dolore di ciò che è avvenuto, di rimuoverlo il più possibile cambiandone i connotati e inventando un mondo di finzione. La seconda volta viene rappresentato in tutta la sua brutalità, e chiude per sempre con ogni possibilità di conciliare presente e passato, o meglio di vivere il presente nonostante il passato.


CAST & CREDITS

(Odem) Regia: Jonathan Sagall; sceneggiatura: Jonathan Sagall ; fotografia: Andreas Thalhammer, Xiaosu Han; montaggio: Yuval Netter ; musica: Jody Jenkins ; interpreti: Clara Khoury (Lara), Nataly Attiya (Inam), Moran Rosenblatt (Inam giovane), Ziv Weiner (Lara giovane); produzione: Obelis Production; origine: Israele, Gran Bretagna ; durata: 90’.


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