BERLINO 2011 - MOTHERS - PANORAMA

It’s all true, avrebbe detto orson Welles. Quello che si vede è tutto vero. Il regista macedone Milcho Manchevski, autore di pochi film ma non facilmente dimenticabili, a cominciare dallo straordinario Prima della pioggia che lo fece scoprire nel 1994, si confronta con il tema della natura della verità e della menzogna. Per farlo ricorre, come già nel suo capolavoro, ad una struttura a trittico che però questa volta si interseca soltanto a livello tematico e non narrativo. Suddiviso in un breve spezzone fiction, in uno più lungo che contiene falsi elementi di realtà e infine un documentario vero e proprio, il regista sperimenta un allontanamento graduale dalla finzione cinematografica che in realtà si rivela solo apparente. Non c’è nessuna garanzia, dice Manchevski, che la forma documentaristica contenga in quanto tale la maggiore garanzia di veridicità sugli eventi. Il regista si interroga dunque sull’essenza della verità: nel primo breve episodio due bambine accusano ingiustamente un uomo di essere un maniaco, inventandosi tutto sulla base delle chiacchiere delle compagne di scuola; nel secondo, una piccola troupe gira un documentario sugli ultimi abitanti di un villaggio sperduto; nel terzo viene ricostruito quasi sotto forma di reportage giornalistico un terribile caso di cronaca nera avvenuto nel villaggio di Kichevo e che ha sconvolto il paese nel 2008. Nel primo caso la menzogna è soprattutto un atto di potere a freddo: Bea è ricca e viziata e costringe Kjiara a mentire contro lo sconosciuto prima corrompendola con regali e poi ricattandola, minacciando di toglierle l’amicizia. Nel secondo, che sappiamo essere fiction, l’inganno si nasconde nei due anziani ultimi abitanti di un villaggio, apparentemente “autentici”, in realtà attori provetti come la troupe dei documentaristi. Più complessa è la vicenda che occupa la seconda metà del film, la storia di tre orrendi delitti aggravati da violenza carnale ai danni di anziane donne, compiuti proprio dal giornalista che scriveva della vicenda sul giornale locale. È tutto vero, dice Manchevski: “tutti e tre gli episodi sono fedeli ricostruzioni, parola per parola, di fatti realmente accaduti”. E proprio il documentario, nella sua tradizionalissima costruzione basata su interviste, pagine di quotidiani, spezzoni televisivi, suscita gli interrogativi più inquietanti: il giornalista è davvero il serial killer? Probabilmente sì, ma il suo improbabile suicidio in cella la notte stessa dell’arresto sembra mettere in dubbio molti lati della vicenda, soprattutto perchè gradualmente Manchevski svela la corruzione e le falle del sistema investigativo e giudiziario macedone, vanificando di fatto qualsiasi dichiarazione rilasciata dagli inquirenti. Apparentemente in secondo piano ma riscattate dal titolo, al centro del film ci sono le madri, le persone da cui per prime nella vita impariamo la verità e la menzogna: madri volgari e corrotte, che corrompono le loro figlie con la loro cieca indulgenza, madri archetipiche e arcaiche come la decrepita e serena contadina del villaggio sperduto (in realtà straordinariamente interpretata dall’attrice Ratka Radmanović), madri tragiche perchè vittime di una violenza inenarrabile con la quale i loro figli non potranno mai riconciliarsi. L’esperimento estetico di Manchevski si rivela vincente e conferma, soprattutto nei due episodi di fiction, il suo straordinario talento di narratore di immagini e stati d’animo, la bravura nel dirigere gli attori di tutte le età e per la sua capacità di suggerire indizi allo spettatore anzichè verificare delle tesi. Nel caso del documentario, spiace registrare che la sua ricerca della verità nei suoi lati più oscuri lo porti troppo spesso verso il morboso: in tutta sincerità le terribili immagini dei cadaveri delle vittime (tratte dalle registrazioni video della polizia) sono superflue e soprattutto non molto rispettose delle vittime e delle loro famiglie.
(Maiki) Regia e sceneggiatura: Milcho Manchevski; fotografia: Vladimir Samoilovski; montaggio: Žaklina Stojčevska; musica: Igor Vasilev Novogradska; interpreti: Ana Stojanovska, Vladimir Jačev, Dimitar Gjorgjievski, Ratka Radmanović, Salaetin Bilal: produzione: Banana Film; origine: Macedonia, Francia, Bulgaria 2010; durata: 123’.
