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Berlino 2011 - Sacrifice - Berlinale Special

Pubblicato il 19 febbraio 2011 da Giovanna Branca


Berlino 2011 - Sacrifice - Berlinale Special

“Cosa avrà voluto dire?”, recitava uno dei tanti tormentoni consacrati dai comici di Mai dire Gol. Ed è esattamente questo il pensiero che accompagna costantemente la visione del colossal cinese Sacrifice, del regista Chen Kaige. La trama è il libero riadattamento di un episodio tra i più famosi di quelli raccontati nel primo testo storiografico cinese – Shi ji – redatto nel primo secolo dopo Cristo da Sima Qian: lo sterminio della dinastia Zhao ad opera del malvagio rivale Tu’an Gu. Protagonista indiscusso di Sacrifice è un dottore, Cheng Ying, che sacrifica il suo unico figlio per salvare l’unico erede della dinastia Zhao, spacciandolo per proprio. Con un’abnegazione altrettanto inspiegabile per il pubblico occidentale di quella di un samurai che fa harakiri per il capriccio di un suo padrone, Cheng Ying salva il neonato Zhao lasciando che venga ucciso il suo bambino. Perché? Perché una volta cresciuto il piccolo possa reclamare il suo nome e il suo posto? Questo no, in quanto la madre (prima di uccidersi, anticipando i soldati di Tu’an Gu) chiede esplicitamente al dottore che l’ha aiutata a partorire di farlo crescere felice e ignaro delle sue origini. Per uno spirito umanitario alla Salvate il soldato Ryan che porta al sacrificio di molti per salvare l’unico sopravvissuto di un’intera famiglia? Non è neanche questo il caso, perché Cheng Ying, del tutto incurante delle raccomandazioni della mamma suicida, si prende cura del bambino con un piano macchinoso in mente: farlo crescere alla corte di Tu’an Gu, farlo amare da lui e poi rivelargli – una volta raggiunta l’età debita – la sua identità, e rendere in tal modo “tutta la sua vita peggiore della morte” (cosa avrà voluto dire?). Tutto questo per vendicare l’omicidio del suo erede. Ma allora, viene da chiedersi, non sarebbe stato meglio consegnare al potenziale Erode cinese il bambino che cercava, e tenersi il proprio bebè tanto amato? Perché salvare uno sconosciuto solo per farne lo strumento di una inutile ritorsione? Purtroppo certi misteri non sono fatti per essere svelati. Questa è solo una delle incomprensibili contraddizioni di Sacrifice, quella da cui nascono tutte le altre e che non cessa di lasciare perplesso il pubblico per tutta la durata del film. Resta da sperare, nonostante le complessità della sceneggiatura, nella ben collaudata storia di vendetta, resa anche più appetibile da un budget notevole. Ma come è ovvio sia in oriente che in occidente, al sud come al nord – e che sembra sfuggire solo allo sfortunatissimo Cheng Ying – se un bambino cresce a stretto contatto con una persona andrebbe presa in considerazione l’eventualità che le si affezioni, e che non sia troppo incline ad ucciderla e umiliarla nel momento in cui scopre la verità sulle proprie origini. Così anche la vendetta sfuma col progredire del film, lasciando il posto ad un melodramma patinato che si chiude sull’agonia del dottore ferito a morte dal temibile Tu’an Gu: un ralenti infinito, fermamente intenzionato a strappare al pubblico calde lacrime, in cui Cheng Ying rivede sua moglie (anch’essa uccisa insieme al figlio) e forse finalmente è colpito dal fatto che il suo sacrificio è avvenuto per nessun motivo in particolare.


CAST & CREDITS

(Zhao shi gu er) Regia: Chen Kaige ; sceneggiatura: Chen Kaige ; fotografia: Yang Shu ; montaggio: Derek Hui ; musica: Shang You Ma ; interpreti: Ge You(Cheng Ying), Wang Xue Qi (Tu’an Gu), Fan Bing Bing (Zhuang Ji), Huang Xiao Ming (Han Jue); produzione: 21 Century Shanghai Film; origine: Cina ; durata: 127’.


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