X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Blancanieves

Pubblicato il 31 ottobre 2013 da Luca Lardieri
VOTO:


Blancanieves

Parlare di Blancanieves come di un film figlio del successo planetario di The Artist e dei suoi cinque Oscar era cosa inevitabile e contemporaneamente deontologicaminte sbagliata. Sì, poiché sebbene il film di Pablo Berger (al suo secondo lungometraggio) si presenti come un’opera omaggio al cinema muto e con un’estetica a primo impatto del tutto simile a quella del film di Michel Hazanavicius, fin dalle primissime inquadrature se ne distacca completamente tradendo la morfologia linguistica propria del periodo antecedente al 1928 per utilizzare inquadrature e montaggio tipici del cinema contemporaneo. Partiamo inanzitutto col dire che Blancanieves non è un film muto, poichè la musica diegetica ed extradiegetica, i rumori (spesso palesemente registrati in presa diretta) e la colonna sonora a trecentosessanta gradi giocano un ruolo forte nell’andamento della narrazione. Blancanieves semmai è un film non parlato che decide di portare avanti la propria storia delegando ai volti e ai movimenti di macchina (alcuni addirittura realizzati con la steadicam) il ruolo di storyteller. Scelta assolutamente non dettata dalla voglia di cavalcare l’onda del film Premio Oscar dello scorso anno (anche perchè, stando a quanto affermato da regista e produttori, la loro idea è precedente a quella di The Artist)) bensì dalla voglia di raccontare una favola di cui nell’ultimo anno si è abusato (Mirror Mirror di Tarsem e Biancaneve e il cacciatore di Rupert Sanders, entrambi del 2012) in una maniera diversa e con la voglia di tradirla in più parti per rispettare l’anima Dark dei Fratelli Grimm. Berger ci riesce perfettamente, maturando una rivisitazione cupa e dolorosa in cui non c’è spazio per il lieto fine. C’è tanta Spagna in questo lungometraggio con le sue tradizioni e le sue contraddizioni. Il male e il bene che si rincorrono fino a perdersi l’uno nell’altro.
Una donna muore di parto e dona i natali a Carmencita, la protagonista di questa avventura, mentre il padre, un famoso torero appena rimasto gravemente ferito, lotta tra la vita e la morte, il tutto mostratoci in un lunghissimo e appassionante montaggio alternato. Quest’ultimo, rimasto paralizzato, sposa l’infermiera che si è presa cura di lui durante l’intervento, la quale, perfida e assetata di fama e denaro lascia crescere la piccola Carmen alla nonna materna. Il giorno in cui l’anziana donna verrà a mancare però, la bambina dovrà trasferirsi nella casa della perfida matrigna dando così il via a una storia in cui il cacciatore sarà sostituito dall’autista/amante della matrigna, i nanetti minatori da nani toreri tra i quali uno di loro sarà colui che svolgerà, almeno in parte, il ruolo del principe azzurro. Il tutto condurrà ad un tetro e bellissimo finale in cui non c’è spazio alcuno per un Happy End.
Parlare di cavalcare l’onda di un successo e dell’epoca del muto vista dalla Spagna vs quella vista dalla Francia significa partire prevenuti e non analizzare il film. The Artist era un film che attraverso il racconto di un evento che rivoluzionò il cinema, parlava di attualità, di crisi e di cambiamenti radicali. Il film di Berger invece vuole restare una fiaba. Intelligente, cupa ma pur sempre una fiaba. Volendo esser pignoli poi, fu proprio la Spagna attraverso il suo regista più rappresentativo ad omaggiare (seppur per pochi minuti) per prima l’estetica del muto. Vi dice niente Pedro Almodovar e la scena dello "stupro" di Benigno in Parla con lei?
Ecco, semmai Blancanieves è un lungo omaggio a quel sublime esempio d’arte cinematografica...e non è affatto poco.


CAST & CREDITS

(id.); Regia e sceneggiatura: Pablo Berger; fotografia: Kiko de la Rica; montaggio: Fernando Franco; musiche: Alfonso Vilallonga; interpreti: Maribel Verdú, Ángela Molina, Daniel Giménez Cacho, Macarena García, Inma Cuesta; produzione: Arcadia Motion Pictures, Noodles Production, Nix Films, Sisifo Films AIE, Thekraken Films, A.I.E, Mama Films, arte France Cinéma, Canal+ España, Instituto de la Cinematografía y de las Artes Audiovisuales (ICAA), Le Tax Shelter du Gouvernement Fédéral de Belgique, Motion Investment Group, Televisió de Catalunya (TV3), uFilm; origine: Spagna 2012; durata: 104’.


Enregistrer au format PDF