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CACHE’ - NIENTE DA NASCONDERE

Pubblicato il 27 ottobre 2005 da Giovanella Rendi


CACHE' - NIENTE DA NASCONDERE

Esterno giorno, una palazzina in un quartiere residenziale immerso nel verde. L’inquadratura resta fissa, a lungo, nulla si muove, passa qualche macchina, l’azione sembra svolgersi altrove. Eppure, sin dal primo fotogramma, Haneke si cimenta subito con il suo gioco preferito, accomunando nell’apparente normalità il triplice sguardo dello spettatore, dei suoi personaggi e del loro invisibile carnefice. Quello che vediamo infatti è il primo di una serie di video che un misterioso stalker (così si chiamano oggi i molestatori a distanza, con buona pace di Tarkovskij) invia ad una ignara famiglia altoborghese costituita da madre, padre e figlio adolescente, dannatamente simile a quelle di Funny Games, de Il settimo continente, di Benny’s Video, tutte destinate, si sa, a fare una brutta fine. Come un sasso nello stagno, il primo video arriva ad increspare la superficie apparentemente tranquilla di una quotidianità benestante, di personaggi di successo: Anna lavora in una casa editrice, Georges conduce un programma televisivo di cultura. È proprio il suo apparire in video che lo rende vulnerabile e alla portata del suo persecutore. La televisione infatti nei film di Haneke è da sempre un (s-)oggetto pericoloso, in quanto giustifica attraverso il filtro mediatico la ripetizione di una violenza quindi solo apparentemente “distante”: la riproposizione per immagini di un evento reale, non solo nel cinema ma anche nella fotografia (quesito che viene posto da un personaggio di Storie ma che era già presente in Tre sentieri per il lago di Ingeborg Bachmann di cui Haneke ha realizzato una trasposizione cinematografica nel 1976) serve veramente a farlo comprendere? Alla prima misteriosa videocassetta ne seguono altre, che gradualmente portano Georges a seguire un percorso che si snoda in una inquietante (nella sua normalità) periferia urbana e allo stesso tempo nella sua memoria. Gli indizi sono stati abilmente disseminati e il puzzle sembra avere una sua soluzione quando, improvvisamente, a sconvolgere le carte esplode la tragedia, immotivata, e ancora una volta filtrata da una violenza che appartiene prima di tutto all’atto del vedere. Il gioco (funny game) è finito? Niente affatto: divertendosi come il gatto con il topo, questo maestro della sottrazione e dell’omissione (“le chiavi magiche per catturare l’attenzione dello spettatore” ha scritto in un saggio dedicato a Bresson) riapre la vicenda con un finale che è un capolavoro di ambiguità e che sfida nuovamente lo spettatore ad aguzzare la vista per indovinare “l’intruso”. Il film ha rischiato di vincere la palma d’oro alla scorsa Cannes ma poi si è dovuto accontentare del premio per la migliore regia.

[ottobre 2005]


CAST & CREDITS

Regia: Michael Haneke sceneggiatura: Michael Haneke fotografia: Christian Berger montaggio: Michael Hudecek, Nadine Muse interpreti: Daniel Auteil, Juliette Binoche, Mauriche Bénichou, Annie Girardot produzione: Les Films du Losange origine: Austria 2005


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