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Cannes 2009 - Mother - Un Certain Regard

Pubblicato il 18 maggio 2009 da Salvatore Salviano Miceli


Cannes 2009 - Mother - Un Certain Regard

Inquadrare la filmografia di Bong Joon-ho all’interno di un unico genere sarebbe operazione errata e fuorviante. Una delle più importanti peculiarità del regista coreano è infatti la sua capacità di trascendere le regole proprie dell’horror, comunque suo riferimento, toccando confini in bilico tra thriller psicologico e noir ed inserendo elementi di humor feroce, spesso grottesco.
Mother, presentato in Un Certain Regard, non costituisce eccezione. Per tutta la sua durata (due ore e dieci minuti che si fanno piuttosto sentire) il film sembra potere sfociare da un momento all’altro nell’horror vero e proprio. Restano però suggestioni perché in realtà le atmosfere si fermano allo sfumato senza mai virare con decisione verso scelte più cupe, decise e crude. Bong Joon-ho sfrutta pienamente i caratteri dei personaggi che ha a disposizione. Indaga con occhio dissacrante il ritardo mentale del suo giovane protagonista così come il rapporto morboso che lo lega alla madre, vero perno su cui ruota l’intera vicenda. Rimasta vedova, quest’ultima indirizza tutta la sua attenzione sul figlio, cercando in ogni modo di evitare che l’handicap possa esporlo a rischi e manipolazioni. La sua ricerca della verità, unico modo per scagionare il figlio dall’accusa di omicidio, la conduce ad interpretare il ruolo di detective, costringendola a confrontarsi con ambiguità e false testimonianze.
Bong Joon-ho (già presente a Cannes nel 2006 e nel 2008 con rispettivamente The Host e Shaking Tokyo, segmento di Tokyo!) focalizza il suo sguardo su Kim Hye-Ja (icona dello star system coreano) scandagliando ogni singolo aspetto del carattere e del comportamento ansioso, ai limiti del patologico, del personaggio da lei interpretato. Il film si nutre di continui capovolgimenti. I giudizi morali restano per forza di cose sospesi nell’impossibilità di scoprire, sino all’epilogo, ciò che la storia riserva.
Visivamente Mother è ineccepibile, ma ormai il fatto non costituisce novità per il cinema orientale in genere e coreano in particolare. Cattura il modo di girare di Bong Joon-ho, la sua dedizione nella costruzione dell’inquadratura, l’uso modulare della luce e dei colori. Il finale si apprezza soprattutto per la sua valenza simbolica, in un continuo gioco delle parti tra perseguitati e aguzzini. Resta da capire quanto avrebbe giovato al film una durata minore. Se, infatti, ogni sequenza regala dettagli assai apprezzabili formalmente allo stesso tempo si ha l’impressione che ci sia un gioco narcisistico di Bong Joon-ho, una voglia di dilungare quanto più possibile la durata del racconto, preferendo alla sintesi una eccessiva prolissità narrativa.
Peccato veniale che si perdona più che volentieri all’autore di un film che comunque resta assolutamente interessante per linguaggio e contenuto.


CAST & CREDITS

(Mother) Regia: Bong Joon-ho; soggetto e sceneggiatura: Park Eun-Kyo, Bong Joon-ho; fotografia: Hong Kyung-Pyo; interpreti: Kim Hye-Ja (La madre), Won Bin (Do-Joon); produzione: Barunson Film Division; distribuzione: Diaphana Distribution; origine: Korea; durata: ‘129;


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