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Cannes 2010 - Fair Game - Concorso

Pubblicato il 20 maggio 2010 da Salvatore Salviano Miceli


Cannes 2010 - Fair Game - Concorso

È una storia vera quella che Doug Liman ha portato in concorso all’ultimo Festival di Cannes. Valerie Plame, agente sotto copertura della CIA (interpretata da Naomi Watts), vede svelata la sua identità a causa di uno sporco gioco politico atto a screditare il lavoro del marito, il diplomatico Joe Wilson (Sean Penn), autore di un rapporto che negava l’esistenza di armi di distruzione di massa in Iraq prima della folle campagna militare promossa da Bush. La fine della sua carriera, quanto la crisi che investe i suoi rapporti personali, portano la donna ad un punto di rottura, costringendola a lottare per salvare la propria reputazione, le proprie amicizie ma, soprattutto, la sua famiglia.
Equamente diviso tra thriller politico, spy-story e dramma familiare, Fair Game è un prodotto ben confezionato ma che nulla aggiunge (né toglie) all’enorme tradizione del genere (o dei generi) hollywoodiano. Doug Liman (le cui due ultime pellicole, Mr. & Mrs. Smith e Jumper) erano abbastanza bruttine) abbandona i ritmi vorticosi del suo più grande successo (The Bourne Identity) per andare quanto più a fondo possibile nel carattere dei suoi personaggi. Proprio perché il disagio familiare che investe i protagonisti è parte essenziale del racconto, Liman (anche direttore della fotografia) sta addosso alla Watts e a Penn con cieca fiducia, confidando anche nell’ottima (ma piuttosto facile) prova dei suoi attori. Per il resto, esaurite le dinamiche personali, il film si sviluppa come il più classico dei thriller politici con una sola, non di poco conto, eccezione: la mancanza di ritmo.
Nonostante ci sia la volontà di far correre la pellicola il più veloce possibile nelle sequenze di maggiore tensione, tanto i principali snodi narrativi quanto i picchi emotivi risultano compassati ed un po’ noiosi. La confezione è però accattivante.
Gli ingredienti del classico film americano ci sono tutti. Un buon cast, una storia attuale che rappresenta (e chissà per quanto tempo ancora continuerà a farlo) una ferita aperta per l’America e gli americani, quel briciolo di tensione che non si rifiuta mai.
Tralasciando, comunque, inevitabili banalità (l’agente della Cia che aspetta la protagonista seduto su di una panchina, sotto la pioggia, all’ombra della casa bianca è sinceramente fin troppo tradizionalista e già visto), Fair Game compie la sua missione. Fornisce un intrattenimento abbastanza soddisfacente ed in più, per quanto possa farlo un film del genere, aiuta a scoperchiare un angolino di verità in più sull’amministrazione Bush (quanto ne avremmo bisogno anche noi). Certo, il finale lascia davvero interdetti. Non sveliamo nulla, ma Liman poteva trovare soluzioni migliori.
Che non sia una grande opera questo Fair Game non rappresenta più di tanto una sorpresa. Noi, ripensando ai tempi bui dell’ultima edizione del Festival di Cannes, lo abbiamo apprezzato per averci concesso una mattinata riposante e, sotto sotto, divertente, dopo giorni persi tra presunzioni di artista e vani cerebralismi.


CAST & CREDITS

(Fair Game); Regia: Doug Liman; soggetto e sceneggiatura: Jez Butterworth, John-Henry Butterworth; fotografia: Doug Liman; montaggio: Christopher Tellefsen; musica: John Powell; interpreti: Naomi Watts (Valerie Plame), Sean Penn (Joe Wilson); produzione: River Road Entertainment; distribuzione: UGC Distribution; origine: Usa; durata: 106’;


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