Captive

A Brillante Mendoza di certo non si può rimproverare di ripetersi: diciamo che non ha ancora esplorato tutti i generi cinematografici a sua disposizione, ed è probabile che non sarà suo il prossimo blockbuster di San Valentino, ma quantomeno si confronta con sceneggiature sempre diverse, che spaziano dall’omosessualità, all’adozione temporanea, alle nonne. Una certa componente drammatica è sempre presente, anche se Quentin Tarantino si é personalmente congratulato con lui proprio per “never dramatize” nel suo Kinatay (2009) , in cui una gang rapisce, stupra e fa a pezzi una donna, seminandone il cadavere qua e la per la città. Ma comunque.
Ispirato a fatti realmente accaduti, Captive é invece la storia di un gruppo di persone rapite nel 2001 nelle Filippine da parte di un gruppo terroristico islamico. Siamo nel maggio 2001 e quando gli ostaggi nel proclama dei terroristi apprendono di essere stati rapiti “da Osama Bin Laden” (sic!), non sembrano particolarmente colpiti. Spaventati lo sono di certo, sono stati brutalmente prelevati nel cuore della notte da un resort, ma non é tanto il rapporto con i rapitori che sembra preoccuparli, quanto l’angoscia di trovarsi improvvisamente e per alcuni giorni in mare aperto, a bordo di una zattera malsicura. I terroristi sono giovani, parlano inglese, cercano di fornire loro del cibo e sono anche abastanza gentili: tra loro in tagalog valutano cínicamente quanto possono ottenere come riscatto da ognuno dei presenti , ma precisano da subito che rispetteranno le regole del Corano.
L’odissea degli ostaggi prosegue per giorni, prima in mare, poi nella giungla, poi in un ospedale, poi di nuovo nella giungla, in un continuo scontro armato con l’esercito filippino, con cui i terroristi tuttavia sembrano avere rapporti di convenienza, e che gli ostaggi servono a tenere lontano parlando con le ambasciate ogni volta che vengono attaccati. Il tempo passa e i rapporti tra rapitori e ostaggi si allentano (non manca nemmeno un episodio di síndrome di Stoccolma, prontamente troncato dalla liberazione della ragazza) anche se poi qualcuno sempre scompare durante una marcia e un ragazzo dal volto immobile torna pulendo il machete dal sangue. Girato con grande efficacia con una macchina da presa “ad altezza d’uomo” che permette allo spettatore di entrare pienamente nel fulcro della vicenda, Captive ha il suo merito nel comunicare dunque la frustrazione e la paura della condizione di dpendenza peggiore, ovvero quella dell’ostaggio. Tuttavia, quello che colpisce del film più che la violenza umana è la violenza della natura, che rende alla fine tutti gli uomini uguali agli altri. La fatica física per attraversare la giungla macerata dall’umiditä e dal calore, e soprattutto gli animali che ne sono i veri padroni (animali fantastici per noi del primo mondo come gli enormi scorpioni e pipistrelli) ci rimandano ad una natura herzoghiana, forte e paziente, che sa benissimo che avrà sempre la meglio su di noi.
(Captive) Regia: Brillante Mendoza; sceneggiatura: Brillante Mendoza, Patrick Bancarel, Boots Agbayani Pastor Arlyn dela Cruz; fotografia: Odyssey Flores; montaggio: Yves Deschamps, Kats Serraon; interpreti: Isabelle Huppert, Kathy Mulville, Marc Zanetta, Rustica Carpio, Timothy Mabalot, Maria Isabel Lopez; produzione: Swift Productions; origine: Francia/Filippine/Germania; durata: 120’.
