Charlatan - Berlino 2020
Ospite fissa a Berlino (tre volte negli ultimi quattro anni, l’anno scorso con Mr. Klein in concorso), la prolificissima Agnieszka Holland (in mezzo a questi film vanta la regia di una quantità cospicua di episodi tratti da serie televisive) prosegue la sua ricognizione sui fantasmi del passato, concentrandosi su una figura pressoché dimenticata ma sotterraneamente ancora presente nella memoria collettiva, la figura del guaritore ceco Jan Mikolášek (1887-1973). Con un uso, soprattutto nella prima parte assai frequente di analessi e prolessi che abbracciano un arco di tempo di almeno cinquant’anni viene ricostruita la biografia del protagonista, un guaritore, naturopata a suo tempo celeberrimo, capace di guarire migliaia di persone solamente tramite l’analisi autottica, senza neanche il ricorso al microscopio, delle urine dei pazienti. A tal fine Mikolášek, cresciuto alla scuola di una celebre, anziana naturopata che solo a malincuore lo prende a bottega ma poi si convince dopo averne apprezzato un clamoroso talento innato, aveva predisposto quattro diverse tipologie di combinazioni erboristiche, capaci di guarire o quantomeno di attenuare le patologie dei pazienti.
I periodi (storici) su cui il film maggiormente si concentra sono l’apprendistato, la prima guerra mondiale, la fase dell’occupazione nazista, ma – in particolar modo – gli anni dello Stalinismo o post-Stalinismo in Cecoslovacchia. È da lì (1957) che il film infatti parte, dalla morte del presidente della repubblica Antonín Zápotocký, il quale essendosi a suo tempo avvalso delle arti di guaritore di Mikolášek, ne era in qualche misura divenuto anche il protettore, permettendogli di continuar ad esercitare la professione in barba all’abolizione di ambulatori privati nel quadro della progressiva nazionalizzazione di tutte le attività individuali. Morto Zápotocký, il guaritore, sempre in odore di ciarlataneria (di qui il titolo), viene preso di mira dalle autorità cecoslovacche che per sbarazzarsi di lui (e delle lunghissime code di pazienti assiepati davanti al suo studio) imbastiscono un castello accusatorio evidentemente capzioso, affidandolo alle cure di un avvocato d’ufficio che, tuttavia, in qualche misura si appassiona alla causa scoprendo, appunto, la sostanza pressoché nulla delle accuse mosse al dottore, anzi no al guaritore (ogni volta che lo chiamano dottore Mikolášek corregge l’interlocutore).
Il film rappresenta dunque l’ennesimo atto di accusa da parte di Holland sui danni provocati da un potere autocratico e cieco all’epoca dello Stalinismo, ma riprendendo, in qualche modo, determinate istanze del suo penultimo film Spoor (a Berlino nel 2017, distribuito in tutto il mondo, in Italia visto solo in TV), celebra l’importanza di una relazione più profonda fra individuo e natura, una relazione da intendersi, vista l’attività svolta da Mikolášek, in senso proprio, ma anche in senso più traslato, tenuto conto che il terzo grande tema del film è rappresentato dalla relazione omosessuale, super-clandestina, fra Mikolášek e il suo più giovane assistente František Palko, forse la parte più debole dell’intero film, con estetizzanti scampagnate in macchina, e corpi distesi sull’erba, stile Proust-Agostinelli, per intenderci à la Chiamami col tuo nome, e susseguenti autoflagellazioni di Mikolášek, fervente cattolico, che s’inginocchia su cumuli di pietre aguzze per punirsi di aver ceduto alla lussuria, a dimostrazione che pure un uomo libero come lui non può non vivere con senso di colpa le proprie inclinazioni. La relazione d’amore fra i due avrà anche una importante ripercussione nelle ultime udienze del processo-farsa del 1957. Il film è una coproduzione di quattro paesi: Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Irlanda che non sembra fatta esattamente in economia, presenta le classiche caratteristiche del period-film, nell’uso della fotografia anticata, dell’abbigliamento, di una musica decisamente invasiva, ma ha comunque il merito, grazie a una buona sceneggiatura scritta da uno dei più importanti autori di origine ceca ovvero Marek Epstein, di risollevare dall’oblio una figura interessante, assai controversa e, nell’insieme non particolarmente simpatica. Sarebbe un film da due stelle e mezzo.
(Charlatan); Regia: Agnieszka Holland; sceneggiatura: Marek Epstein; fotografia: Martin Štrba; montaggio: Pavel Hrdlička; interpreti: Ivan Trojan (Jan Mikolášek), Josef Trojan (Jan Mikolášek da giovane), Juraj Loj (František Palko); produzione: Marlene Film Productions; origine: Repubblica Ceca-Slovacchia-Polonia-Irlanda 2020; durata: 118’