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Irradiés - Berlino 2020

Pubblicato il 1 marzo 2020 da Gherardo Ugolini

VOTO:

Irradiés - Berlino 2020

Le mani di un uomo assemblano con molta attenzione una casa modello, nella quale colloca un tesoro salvato come in un santuario: una foto di famiglia. Inizia così Irradiés, ovvero “irradiato”, l’ultimo film del regista cambogiano Rithy Panh, presentato nella sezione in concorso del festival del cinema di Berlino. Si tratta di un viaggio nel dolore e della disperazione; utilizzando filmati d’archivio il regista descrive la devastazione materiale e morale prodotta dalle guerre del XX secolo. Le immagini spaziano senza un percorso cronologico lineare da Hiroshima e Nagasaki alla prima guerra mondiale, dai Lager nazisti al genocidio dei Khmer rossi in Cambogia, da Hitler a Mao Tse-tung. A tratti sono inserire anche sequenze di film famosi, come Hiroshima, mon amour di Alain Resnais. Dal punto di vista tecnico-formale la particolarità più evidente consiste nello schermo suddiviso in tre quadri di eguali dimensioni, ciascuno dei quali ripete la medesima sequenza in contemporanea, oppure alle volte immagini diverse, ma collegate tra loro. L’idea è di trasmettere attraverso la tripartizione dello schermo un ritmo più incalzante, per cui ogni tragedia rievocata, pur essendo in sé qualcosa di unico, viene presentata in un inquietante moltiplicarsi o “irradiarsi” di fronte al pubblico.

Questo è il punto cruciale del film: l’irradiazione della testimonianza e del ricordo è possibile grazie alle persone che sono sopravvissute all’irradiazione fisica e psicologica della guerra, ed è raccomandata a coloro che credono di esserne immuni. «Ciò che significa essere un sopravvissuto non può essere espresso con parole. Per vivere, per entrare in contatto con queste irradiazioni, per le quali può non esserci una causa, di cui non c’è nulla da sapere, ma da cui non c’è protezione. Il male si irradia. Fa male anche alle generazioni successive. Ma al di là di quel dolore c’è l’innocenza», ha spiegato Pahn.

Originario di Phnom Penh, fuggito dal regime die Khmer rossi (che ha massacrato i suoi genitori e molti altri membri della sua famiglia) e rifugiatosi a Parigi nel 1980, Pahn si è formato all’Institut des Hautes Études Cinématographiques e si è affermato come uno dei più significativi documentaristi europei, con un’attenzione particolare per i crimini commessi da Pol Pot alla fine degli anni Settanta, crimini che il regista ha rivisitato in varie opere (si ricordano in particolare Bophana, une tragédie cambodgienne, del 1996 e S21, la machine de mort Khmére rouge, del 2003). Inoltre il suo film del 2013, L’image manquante, è stato il primo film cambogiano a ricevere la nomination per l’Oscar.

Con Irradiés ha girato un film estremo e di grande impatto emotivo, capace di penetrare la mente e il cuore dello spettatore con una forza irresistibile (alle volte è davvero impossibile tenere gli occhi aperti davanti all’orrore che viene mostrato). Diversamente da altri suoi precedenti documentari l’approccio in questo caso consiste nel presentare riprese di guerre, bombardamenti, massacri e torture con l’accompagnamento di una voce fuori campo (quella dell’attore francese André Wilms) che leggendo testi dello stesso Pahn, di Agnès Sénémaud e Christophe Bataille commenta le sequenze con uno stile espressivo un po’ poetico e un po’ trasognato, il che alle volte produce un certo stridore rispetto alla crudezza delle immagini. Un altro punto debole è l’assenza di didascalie che esplicitino il riferimento storico a quanto si vede, sicché i bombardamenti degli Alleati sulle città tedesche e quelli americani sui villaggi del Vietnam si susseguono senza soluzione di continuità suggerendo una sostanziale analogia storica. Se è vero che il regista mirava a proporre una meditazione sulla sofferenza della guerra, è altresì vero che un minimo inquadramento storico sarebbe stato utile per lo spettatore, disorientato di fronte al quel susseguirsi senza sosta di brutalità e violenza.


CAST & CREDITS

(Irradiés); Regia: Rithy Panh; sceneggiatura: Rithy Panh, Agnès Sénémaud, Christophe Bataille; fotografia: Prum Mesa; montaggio: Rithy Panh; musica: Marc Marder; interpreti: Bion (Butoh-Künstler), André Wilms (Lui), Rebecca Marder (Elle); produzione: CDP, Boulogne; origine: Francia, Cambogia 2020; durata: 88’ stelle su 5


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