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Medium - Berlino 2020

Pubblicato il 4 marzo 2020 da Francesca Pistocchi

VOTO:

Medium - Berlino 2020

Quasi mettendo in scena un sussurro distante, il nuovo documentario di Edgardo Cozarinsky inizia in do diesis minore: è l’ultimo dei tre intermezzi di Brahms ad aprire il sipario su Margarita Fernandez, pianista argentina dai contorni inquieti e vagamente circensi. I primi cinque minuti indugiano sulle sue mani, sul molto sottovoce sempre dell’opera 117, sull’amara malinconia dei primi accordi e dei silenzi che inizialmente circondano lo spettatore. Ma questo è soltanto il preludio ad un’impresa più ampia: improvvisamente la pellicola modifica i suoi toni, e lo fa proprio grazie alla consapevole ironia con cui Margarita si presenta al pubblico. Le dita non suonano più, ma tracciano immagini visibili nell’aria invisibile, descrivendo con sorprendente esattezza ciò che la musica genera nella mente di chi l’ascolta e di chi la osserva. Medium è una sinfonia percepibile attraverso l’udito e la vista: non si parla mai soltanto di talento, di creatività o di genio, bensì di vita. Particolarmente riuscite sono le sequenze in cui alla protagonista viene data piena voce: allora le quartine di Chopin si trasformano nell’istantanea di un gatto agitato che salta da una nota all’altra, mentre l’andante con moto di Brahms trova pace nella rumorosa quiete di un temporale estivo.

L’eclettismo e l’entusiasmo di Margarita, giovane performer novantatreenne del tutto fuori dal comune, contraddistinguono anche Cozarinsky, regista e scrittore di origine ebraica nato a Buenos Aires nel 1939 – momento in cui nella lontana Odessa, patria dei genitori, si preparava la guerra. Costante, infatti, è il parallelismo che intercorre fra i due: il rifiuto del mondo prettamente accademico, l’amore e la dedizione nei confronti dell’arte, la ricerca di una forma espressiva assoluta, la rivolta, l’avanguardia, la fuga dal regime. Eduardo e Margarita viaggiano l’intera Europa e s’incrociano nel 1974 a Baden Baden: lei, in tournée con il suo Grupo de Acción Instrumental, lui reduce da un’esperienza a Parigi e dalla scoperta di Borges, Čechov, Nabokov, Cocteau – autori da cui egli trae le prime opere cinematografiche e non.

L’intero film si concentra sullo “spazio vuoto” che sussiste fra melodia e teatro – dunque, fra suono e sguardo: per la pianista, la quintessenza della propria ricerca artistica. Ogni accordo, ogni conversazione inizia e finisce in un mutismo a volte forse un po’ troppo ingombrante, ma necessario (ricorrenti sono i silenzi che accompagnano i dialoghi, i gesti, le esibizioni).
La scena più suggestiva in assoluto ci mostra Margarita in colloquio con un’allieva, fotografandola mentre riporta alla luce un ricordo d’infanzia: per qualche istante ella torna bambina, al circo, sorpresa e spaurita davanti all’abilità con cui gli acrobati, senza nessuna misura di sicurezza e incuranti del pericolo, si lanciano da un lato all’altro del tendone con sovrannaturale leggerezza. Da notare, inoltre, l’uso delle iperboli nel racconto: la cupola si fa gigantesca, l’arena un enorme e desolato deserto popolato da strane figure. La musica è dunque un atto inconsueto e sovversivo, riconducibile a quell’istante di fatale timore in cui si trattiene il fiato sperando nella buona riuscita dell’esibizione. Margarita parla di Verdi, di Schubert, di Beethoven con la stessa vivace apprensione con cui da piccola guardava i saltimbanchi danzare nell’aria – così ritorna nella mente dello spettatore la già citata fantasia del gatto che piroetta sui giri vertiginosi di Chopin.

Come forse suggerito dal titolo, Cozarinsky si muove all’interno di una terra di nessuno in cui quotidiano e straordinario si sposano. Medium vorrebbe appunto donare un volto allo stupore puerile e tagliente di chi suona e di chi recita, riunendo memoria collettiva (numerosi sono i riferimenti all’Argentina di Peron) e vicenda individuale (le selvagge e cervellotiche performances di Margarita), ma anche parola e armonia. Non a caso, gli ultimi dieci minuti sono dedicati alla storia d’amore epistolare fra Brahms e Clara Wieck Schumann – una relazione clandestina e appassionata, come quella che sussiste fra la pianista e la sua arte.


CAST & CREDITS

(Medium); Regia: Edgardo Cozarinsky; sceneggiatura: Edgardo Cozarinsky; fotografia: Constanza Sanz Palacios; montaggio: Iair Michel Attias; interpreti: Margarita Fernández, Diana Szeinblum, Carolina Basaldúa, Federico Gianera, Eduardo Stupía, Francisco Ledda, Valentin Basaldúa, Eugenio Monjeau; produzione: Constanza Sanz Palacios, Anibal Garisto origine: Argentina 2020; durata: 70’


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