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Child of God (Conferenza Stampa)

Pubblicato il 31 agosto 2013 da Giovanna Branca


Child of God (Conferenza Stampa)

Venezia, 31 agosto. James Franco, regista di Child of God, ed il protagonista Scott Haze incontrano i giornalisti per parlare del film, presentato in concorso a questa settantesima edizione del Festival di Venezia.

Quando il progetto era ancora in corso ha detto che ciò che la affascinava di Lester Ballard era che è un personaggio a metà tra un serial killer e Charlie Chaplin

James Franco: In molti mi chiedono perché ho deciso di raccontare un personaggio del genere, che è la domanda che ho posto a Cormac McCarthy (l’autore del romanzo da cui il libro è tratto) quando l’ho incontrato. Lui mi ha risposto: non lo so, forse per qualche stupida vecchia ragione. Ma per me si tratta di un personaggio estremo da indagare: qualcuno che viene spinto al di fuori del mondo civile, che vorrebbe avere dei contatti con le persone ma non ne è capace. In particolare, una delle cose che mi ha colpito di più del libro è quando cerca di trasportare il cadavere della prima donna morta nella soffitta della sua capanna; tutta la fatica che fa. E’ un serial killer imbranato, che non sa come gestire quello che sta facendo, non una figura oscura che popola i boschi.
Credo che il modello principale per me sia stato Taxi Driver: la storia di un folle, un assassino, ma che comunque come pubblico vogliamo seguire, che troviamo stimolante. Generalmente un personaggio così non è mai al centro della storia, ma viene seguito attraverso il punto di vista del detective che gli dà la caccia.

Scott Haze, come ha dato vita al suo personaggio?

Scott Haze: Ciò che volevo fare più di tutto era trovare un modo di relazionarmi a Lester Ballard. Ho cercato di provare della compassione, degli aspetti di lui che potevo ritrovare in me stesso. Anche io come James ho pensato molto a Travis Bickle, il protagonista di Taxi Driver, e in qualche momento mi è venuto anche in mente Joker come ispirazione, il grande lavoro che Heath Ledger ha fatto con quel personaggio. E poi c’è il momento in cui Lester è intrappolato nella caverna che ricorda un po’ James in 127 ore.

James Franco: Scott si è isolato per tre mesi a vivere in una capanna nei boschi del Tennessee, e quando si è presentato sul set era già come lo vedete nel film; non ha parlato con nessuno per tutta la durata delle riprese.

James Franco, in quanto attore come si trova nel ruolo di regista?

JF: Amo molto stare dietro la macchina da presa, ma in entrambi i casi, come regista e come attore, ciò che si fa è aiutare a portare sullo schermo una storia, solo che da diverse prospettive. Nel caso del regista la differenza è che si allarga il campo delle responsabilità per raggiungere questo scopo.

L’isolamento, quello che vive in maniera estrema Lester Ballard, è un elemento che emerge in molti dei suoi lavori, che spesso sono su degli artisti.

JF: Sono sicuro che ci sono molti paralleli possibili tra Lester e il processo di creazione artistica in generale. Realizzando un’opera su un artista, come ad esempio sto facendo con Bukowski, ci si concentra su un individuo che ha una particolare visione del mondo. Spesso si tratta di persone isolate, creativamente o socialmente. E anche Lester lo è, vorrebbe essere parte della società ma non ne è capace, quindi ricorre ad altri modi per avere delle “relazioni”.

Ci può dire qualcosa sulla società rappresentata nel film?

JF: Lester Ballard è vagamente basato sulla figura del serial killer realmente esistito Ed Gein, che è stato l’ispirazione anche per Psycho e The Texas Chain Saw Massacre (Non aprite quella porta). Nel suo caso tutti i vicini resero la sua vicenda, quando venne alla luce, uno spettacolo, furono affascinati da questa persona. Non per dire che siano colpevoli come lui, ma che c’è una violenza sottesa in tutti quanti. Lui è solo il caso più ovvio.

Cosa pensa dell’uso della violenza nel cinema e del fatto che sono sempre moltissimi i film tratti da dei libri rispetto alle sceneggiature originali?

JF: Quella di Child of God è una storia violenta, ma credo che la violenza che si vede sia piuttosto blanda rispetto a tanti film che ci sono in giro. Perché il mio non è né un thriller né un horror, ma più che altro uno studio su un personaggio.
Per quanto riguarda i libri io amo molto trarre i miei film da opere scritte. Sono stato fortunato abbastanza da poter fare ben due film tratti da degli autori tra i miei preferiti: McCarthy e Faulkner. Sento che alzino il livello del mio lavoro: è come se collaborassi con loro, e la collaborazione è il mio metodo di lavoro preferito. Se lavoro su un progetto solo mio so già che me la prendo troppo con comodo, mentre così sono più stimolato.

C’è una sostanziale differenza col libro: lei interrompe la storia con l’uscita di Ballard dalla caverna, senza mostrare ciò che accade dopo.

JF: Mostrare Lester libero allude in un certo senso alla circolarità di una storia di violenza che è destinata a ripetersi. Per questo anche se ho “cambiato” il finale credo sia molto fedele allo spirito del libro. Cormac ha una visione molto cupa dell’umanità, anche se avendo un figlio forse è un po’ cambiato e in La strada ha reintrodotto l’elemento della speranza . Nell’incipit di Blood Meridian (Meridiano di Sangue) c’è un riferimento al ritrovamento di un teschio risalente a migliaia di anni fa, con una ferita da ascia, che vuol dire che gli esseri umani sono così da sempre. Nel finale del romanzo di Child of God Lester viene mostrato rinchiuso in un istituto insieme ad altri assassini come lui: il messaggio è che non è l’unico. Così mostrarlo libero è forse un modo di comunicare che comunque la storia è destinata a ripetersi pur tagliando degli elementi del lavoro originale.

Chi ha fatto la colonna sonora?

JF: Ci sono due fonti per la colonna sonora. Il film, anche se la storia è basata in Tennessee, è stato girato in West Virginia, quindi molte delle canzoni sono state suonate da musicisti del luogo, che abbiamo registrato sul posto, senza neanche andare in studio. La colonna sonora vera e propria invece è di Aaron Embry. Per me le musiche avevano un ruolo molto importante: dovevano mettere in evidenza l’altro aspetto di Lester; non renderlo simpatico ma tirare fuori quei lati di lui a cui la gente potesse rapportarsi


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