CITY OF GOD

Un grande film corale che ricostruisce l’evoluzione del narcotraffico in una favelas di Rio de Janeiro dagli anni Sessanta ai primi anni Ottanta. Per complessità narrativa, dosi di violenza e per soggetto viene immediatamente da pensare a film-opera nordamericani come Casinò o Goodfellas. Scorsese riecheggia anche nell’uso della voce over, nel meccanismo tragico e inesorabile che trasforma l’autore di un omicidio nella vittima di quello successivo, nello sguardo spregiudicato ma profondamente compassionevole con cui viene messo in scena il mondo criminale. Non è poco, ma le analogie si fermano qui. Il fatto è che il film di Fernando Meirelles non è una summa di 90 anni di cinema statunitense sui gangsters metropolitani. Non è un film iperbarocco che rianima ancora una volta personaggi, luoghi e storie ormai fissati per sempre nell’iperuranio delle immagini collettive. Insomma, per quanto usi - e forse, a tratti, sfoggi - tutto il bagaglio tecnico e professionale di un regista formatosi con gli spot, Meirelles non fa un’operazione di secondo grado, non cita, bensì immagina ex novo il mondo, molto realistico, raccontato da Paulo Lins (scrittore originario di Cidade de Deus) preoccupandosi soprattutto di essere fedele alla realtà. Per ottenere il voluto effetto documentario, Meirelles, agiato borghese di San Paolo, non ha esitato a girare in quartieri molto simili a quelli rappresentati e ad affidare i ruoli a veri non attori, tutti ragazzi giovanissimi reclutati dalle strade delle favelas, guidati alla recitazione di loro stessi attraverso un lungo stage preparatorio, e poi riconsegnati alla vita normale, ovvero rapine, lotte fra bande, spaccio di droga. Realizzare il film, per il regista e i suoi collaboratori, ha significato sottoporre la sceneggiatura al boss locale del narcotraffico (spesso residente in prigione), trattare con i suoi intermediari per le location e i compensi, rischiare spesso di finire ammazzato come uno dei tanti giovanissimi interpreti del film. Tutto questo non per magnificare l’ardimento del nostro cineasta ma per spiegare com’è ottenuto l’incredibile grado di verità che traspare dalle situazioni messe in scena, dalle reazioni dei personaggi, dai dialoghi (indispensabile vederlo in lingua originale!). Con queste premesse, l’impianto spettacolare, i continui salti temporali, il montaggio lisergico, la fotografia finto-sgranata possono solo creare l’illusione della finzione. E amplificare l’effetto doloroso dei titoli di coda quando sfilano lugubremente le foto del vero Ze Pequeno, del vero Galinha, del vero Bene’...
[maggio 2003]
(Cidade de Deus)
Regia: Fernando Meirelles con l’assistenza di Katia Lund. Sceneggiatura: Braulio Mantovani dal romanzo di Paulo Lins. Fotografia: Cesar Ciarlone. Montaggio: Daniel Rezende. Interpreti: Matheus Nachtergaele, Seu Jorge, Alexandre Rodrigues, Leandro Firmino da Hora. Produzione: 02 Filmes, VideoFilmes. Origine: Brasile 2002. Distribuzione: Mikado. Web info: www.mikado.com. Durata: 135’
