CONCORSO VIDEO: SHOOTING MAGPIES

Channel 4, pur avendoci investito finanziariamente, ha rifiutato di trasmetterlo “perché troppo vero e troppo triste”. Quale migliore elogio, anche se implica l’esilio nelle proiezioni dei festival, grandi o piccoli? Shooting Magpies forse è semplicemente anacronistico, un prodotto di qualcosa che non esiste più, o che deve tornare ad essere. È infatti uno dei rari esempi di cinema collettivo ancora esistenti, con il quale non hanno niente a che fare i più costosi (e poco riusciti) esperimenti alla Tickets, tanto per dirne uno. L’Amber Production Team è nato nel ’68, e da allora è attivo tra cinema e fotografia alla ricerca di una rappresentazione della realtà sociale del nord est dell’Inghilterra, ironicamente proprio la zona i cui voti hanno permesso a Blair di arrivare a Downing street, cosa di cui il premier sembra essersi dimenticato, dato che non ha mai fatto nulla per migliorare le condizioni di vita dei suoi elettori.
Il collettivo, formato da dieci registi, esplora la zona ex mineraria di East Durham ormai da nove anni e questo film è la terza e ultima parte di una trilogia, i cui primi due episodi, sotto forma di documentario (realizzato mettendo la macchina da presa direttamente in mano ai diretti interessati) erano dedicati rispettivamente ai padri divorziati e alle ragazze madri della zona.
Al centro della questione questa volta c’è non solo il problema della disoccupazione dovuto alla chiusura delle miniere, tanto che secondo gli autori potrebbe essere ambientato in molte altre parti dell’Inghilterra e del mondo, ma anche e soprattutto quello della diffusione della droga tra i giovanissimi, con un vero e proprio boom di eroina che dieci anni fa non esisteva, e la mancanza di una adeguata assistenza sociale per i tossicomani. Niente di nuovo sotto il sole britannico, si potrebbe dire, e per fortuna: la cinematografia inglese é una delle poche a non aver costretto la politica e la denuncia sociale in una nicchia da spolverare solo per i festival, come dimostrano Loach, (con il cui Sweet Sixteen mostra singolari convergenze per il problema della tossicodipendenza), Leigh e tanti altri, non esclusa la commedia agrodolce On a clear day, interpretata da Peter Mullan e presentata sempre a Locarno in Piazza Grande.
La differenza risiede nel fatto che per questo terzo episodio il collettivo ha deciso di privilegiare la scelta della “fiction” (per così dire), costruendo il film su una serie di vicende realmente accadute ai personaggi della zona, che spesso interpretano loro stessi da attori non professionisti. Tutto questo, pur in certa sua innegabile naivetè, non perde nulla della sua incisività e drammaticità. Non c’è speranza per nessuno, ma è dedicato a chi ancora ci crede.
[10 agosto 2005]
Regia, soggetto, fotografia, montaggio: Amber Production Team;
Musica: Rick Taylor, Frank Gibbon;
Interpreti: Emma Dowson, Barry Gough, Derren Bell;
Produzione: Amber Films 9 Sides;
Origine: Gran Bretagna 2005;
Durata: 80’
