Conferenza stampa Il segreto di Esma - Grbavica, Casa del Cinema, Roma, 26/10/06

Alla conferenza stampa del film vincitore dell’Orso d’Oro a Berlino nel 2006, del Premio della Giuria Ecumenica e del Premio Film per la Pace sono presenti Riccardo Noury, portavoce della Sezione Italiana di Amnesty International, Luciano Sovena (Istituto Luce) e la giovane regista del film, Jasmila Zbanic.
(A Riccardo Noury) Come scegliete i film da patrocinare e consigliare? E cosa, di questo in particolare, ha attratto Amnesty International?
Riccardo Noury: Questo è un anno particolarmente fortunato per la collaborazione tra Amnesty e il cinema. Amnesty ha preso l’abitudine di patrocinare pellicole di qualità, che abbiano come oggetto i diritti umani. Il segreto di Esma, in particolare, è un film straordinariamente bello, che con delicatezza ma anche con molta forza racconta quali sono le conseguenze nel lungo periodo che vivono le vittime di uno stupro etnico. Parla delle necessità della Giustizia, della Verità e della Memoria: sono necessità di un Paese che vuole essere democratico. Se un Paese ancora non affronta quelle necessità, allora ancora non è uscito dalla guerra e dalla crisi.
(Alla Zbanic) Cosa l’ha spinta, a livello personale, a raccontare questa storia?
Jasmila Zbanic: Ho iniziato a scrivere questa storia quando nel 2000 ho avuto la mia prima figlia e sono rimasta colpita dalla quantità di casi di donne stuprate in Bosnia. Per me avere un figlio è stato un positivo sconvolgimento della vita. Mi sono chiesta come loro sentivano un figlio che non volevano. In questo caso si tratta di un amore che non è puro, un’emozione molto complessa. Sono richiesti molti processi, al sentimento della donna, per riuscire ad amare quel bambino non voluto. E’ un’esperienza che coinvolge tutta la donna e tutte le sfere della sua femminilità.
Qual è la sua religione, e quali sono le dimensioni del fenomeno dello stupro etnico in Bosnia?
Jasmila Zbanic: Secondo i dati delle Nazioni Unite, circa 20.000 donne di tutte le religioni sono state violentate in Bosnia nell’ultimo conflitto. Personalmente, sono un’artista e quella è la mia religione. Sono nata in una famiglia musulmana che si è trovata sotto il regime di Tito, in cui la religione era considerata “l’oppio dei popoli”.
Sergio Noury: Alcune gravidanze non sono state portate avanti, altre sì, ma i figli sono stati abbandonati. In altre ancora i figli sono stati cresciuti e amati dalla famiglia della vittima. Sono felice che questo film racconti di quest’ultimo tipo di storia, del rapporto che si è instaurato tra madre e figlia, e non dello stupro in sé per sé.
(A Jasmila Zbanic) Ha conosciuto donne che hanno incontrato il proprio stupratore, come accade ad Esma? Perché ha scelto di rappresentare così il rapporto tra vittima e stupratore?
Jasmila Zbanic: Sì, molte donne che ho conosciuto non potevano tornare nella loro città, dopo la guerra, perché gli stupratori erano ancora lì. I responsabili di questi crimini non sono stati minimamente puniti. Solo alcuni, i nomi più grandi, ma la realtà è che quotidianamente la vittima vive fianco a fianco con il suo aguzzino. Si preferisce pensare che queste donne non ci siano. Fino a poco tempo fa non erano nemmeno considerate vittime di guerra. Solo dopo il film è partita una campagna, concretizzatasi poi in una raccolta di firme che ha costretto il governo a cambiare la legge, e ora le vittime degli stupri etnici sono finalmente riconosciute come vittime di guerra.
(A Jasmila Zbanic) Come è stato, per lei di origini musulmane, lavorare con un’attrice come Mirjana Karanovic, di origine serba?
Jasmila Zbanic: Prima di tutto lei è un’attrice e io sono una regista. Secondo, lei si è sempre espressa contro Milosevic e contro la guerra. Io ho cercato l’attrice che meglio potesse interpretare quel ruolo, e ho pensato a lei, una grandissima attrice e un grandissimo essere umano. Non è stata minimamente presa in considerazione la nostra appartenenza etnica. Non ha avuto alcuna rilevanza.
