Conferenza stampa: Marta Belaustegui

Verona. Abbiamo incontrato Marta Belaustegui, attrice spagnola, presente al festival ‘schermi d’amore’ in qualità di giurata.
Oltre al suo ruolo di attrice Marta Belaustegui fa parte dell’associazione di donne cineaste fondata da Ines Paris (regista di Miguel y William, film d’apertura del festival) ed è organizzatrice dal 2006 a Cuenca, città della Castilla, di una rassegna di pellicole dirette da donne.
Marta Belaustegui, lei è spagnola. La Spagna ha vissuto e sta vivendo un vero boom culturale. Il cinema, in particolare, seppur poco esportato in Italia, produce centinaia di pellicole, quali crede siano i motivi di questo fenomeno?
La politica. Io credo che la politica debba appoggiare i progetti culturali. Ora in Spagna si sta discutendo una legge molto importante sul cinema. Credo che per i cineasti sia sempre più necessario avere la massima libertà di espressione e un governo che li appoggi. Questo è un ottimo momento storico perchè abbiamo una classe politica che sa parlare ma anche ascoltare il mondo del cinema. Ed è fondamentale che la politica sappia ascoltare.
Qual’è il ruolo delle nuove generazioni all’interno di questo boom?
Io credo che in Spagna le nuove generazioni siano più forti rispetto al passato, ma credo anche che per trovare il giusto spazio necessitino di un cinema indipendente veramente valido. Oggi in Spagna non esiste quel cinema indipendente forte di cui i giovani hanno un grande bisogno.
In concreto ci sono molti bravi registi, con buone idee, che non possono realizzare i loro film perché privi di una produzione. Appoggiando il cinema indipendente questi registi potranno trovare finalmente dei produttori. Solo così potranno crescere, e crescere sempre più liberi. Liberi di scegliere come e cosa raccontare. Altrimenti saranno sempre le produzioni a mettere i paletti: cosa raccontare, quali attori utilizzare…
Da questo punto di vista non trova che il sistema cinema dovrebbe imparare ad autorigenerarsi, ossia che i grandi incassi dei blockbuster debbano servire anche per produrre e promuovere il cinema indipendente?
Sono totalmente d’accordo. Sarebbe stupendo se il grande cinema aiutasse quello più piccolo. Sarebbe la soluzione migliore per tutti: un vero e proprio circolo virtuoso.
Esistono, poi, esempi formidabili di piccoli film indipendenti che hanno raggiunto il successo e il grande pubblico, non so, penso a Full monty. Quel che è certo è che, per chi comincia, il cinema indipendente è il miglior punto di partenza e il governo dovrebbe proteggere queste forme di produzione.
Pochi giorni fa il regista francese Dumont ci ha detto che “l’arte è un’aberrazione per l’economia”. Cosa ne pensa?
Io penso che l’arte sia un pericolo per la politica. C’è sempre uno scontro fra la politica e l’arte, una dialettica.
Lei è impegnata in prima linea per i diritti e l’eguaglianza delle donne. In Italia è aperto un grande dibattito sulle cosiddette ‘quote rosa’, ovvero una legge che obblighi i partiti a mantenere una percentuale di seggi in appannaggio alle donne. Cosa ne pensa?
Necessitiamo di leggi come queste. Ci vorranno altri venti secoli prima di essere veramente libere. Per troppo tempo ha dominato una mentalità che rifiuta la vera uguaglianza. Per ora abbiamo ancora bisogno di leggi, ma il giorno perfetto sarà quello in cui queste leggi, come pure tutte le associazioni a favore delle donne, non saranno più necessarie. Quando non serviranno più leggi come la “ley integral” (una nuova legge per le donne maltrattate) quello sarà il giorno in cui avremo raggiunto la vera uguaglianza. Ora non è possibile, ne qui ne altrove. Credo quindi che sarebbe giusta una legge come le vostre ‘quote rosa’
Lei si batte in particolare per la presenza femminile al cinema, non solo nei ruoli canonici, ma anche in settori a netta dominanza maschile. Non crede che proprio l’arte, prima ancora che la politica, necessiti di un punto di vista femminile?
Penso di si. Anche semplicemente perché siamo l’atra metà del mondo. Il talento è un’altra cosa, non dipende certo dal sesso. Bisogna dare la possibilità di arrivare a confrontarsi con gli uomini, poi chi ha più talento prevarrà. Bisogna superare il blocco iniziale che impedisce alle donne di confrontarsi con gli uomini.
Lei dirige un festival. Quale crede sia il ruolo di queste manifestazioni all’interno del panorama cinematografico?
L’idea che ho di festival è quella di un grande luogo di incontro, di un luogo riservato al buon gusto dove possano circolare le idee. Un posto dove la gente che ama questo mondo possa avere uno scambio con chi ci lavora e dove i maestri possano insegnare la loro esperienza. Sono i nuovi ambienti, i novi spazi della discussione. Una volta c’erano i caffé, come l’associazione del’27 in Spagna, luoghi per intellettuali che si incontravano per discutere e confrontarsi. Il festival prende il posto di quello che una volta erano questi caffè
Non crede che da questo punto di vista i grandi festival stiano diventando luoghi elitari, solo per pochi addetti ai lavori?
Sono molto d’accordo. Credo che un festival debba essere aperto a tutto il pubblico, dai bambini alla gente comune. Senza perdere la propria identità un festival dovrebbe essere in grado di aprirsi ad un pubblico il più vasto possibile, perché più ampio è, migliore sarà l’incontro.
Lei è qui a Verona in qualità di giurata, come si sente questo ruolo?
Io sono una giurata molto innocente, una spettatrice normale. Vorrei emozionarmi davanti ad una pellicola. Spero di non essere costretta a giudicare, perché non mi piace giudicare, vorrei solo condividere i film che mi hanno fatto emozionare maggiormente, ma sono sicura che non sarà facile.
