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Dark Shadows

Pubblicato il 11 maggio 2012 da Giovanna Branca
VOTO:


Dark Shadows

Certe idee sembrano di per sé essere vincenti. Prendi Johnny Depp, fanne un vampiro che dal Settecento si ritrova catapultato nel 1971, mettigli davanti una gigantesca M illuminata del McDonald’s che lui scambierà per l’iniziale di Mefistofele. Tutti si divertiranno. E poi certo: il regista è Tim Burton, che donerà alla sua musa/attore feticcio l’ennesima acconciatura strampalata, l’ennesima riaffermazione del suo essere altro rispetto ad un mondo patinato in cui il corpo del divo è sacro, inviolabile e semmai da rendere ancor più perfetto di ciò che è nella realtà. Sull’ossessione di Burton nel rendere Johnny Depp, di film in film, il prototipo del suo triste e affascinante “mostro” gotico sono stati spesi fiumi di parole, e, com’ è ovvio, quest’ultimo lavoro del regista americano non fa eccezione.
In Dark Shadows Depp è Barnabas Collins, il giovane rampollo di una ricchissima famiglia inglese che ha fatto la sua fortuna nell’industria ittica, e decide di trasferirsi nel nuovo mondo per allargare il proprio giro di affari. La sua sfortuna è essere amato intensamente da una ragazza della servitù, Angelique (Eva Green), che, essendo una strega, uccide coi suoi malefici i genitori di Barnabas e la sua amata Josette, ma soprattutto trasforma l’oggetto del suo amore in un vampiro e lo fa rinchiudere in una tomba per quasi duecento anni. Quando finalmente viene liberato, Barnabas torna dai parenti, o meglio dai suoi lontani nipoti, e cerca di ridare lustro all’impresa familiare e alla famiglia tout court, tra cui Michelle Pfeiffer e la psicologa del piccolo David, Helena Bonham Carter, con cui Tim Burton continua a giocare un sadico gioco di imbruttimento e di costruzione di personaggi ossessionati dalla perdita della giovinezza e della bellezza (vedi la sfortunata Regina di cuori).
Tratto da un telefilm, Dark Shadows è una sorta di mix tra gli indimenticabili Visitatori di Jean-Marie Poirè e Dracula, con tanto di rediviva Mina/ Josette reincarnata in una giovane del futuro, Victoria, chiamata come educatrice presso la famiglia dei Collins.
Il potenziale c’è, anche e soprattutto nell’omaggio che Burton fa alla musica di quegli anni: la colonna sonora è insolitamente parca di musiche originali di Danny Elfman e sfrutta soprattutto le hit del glorioso rock made in the Seventies, con tanto di cammeo di Alice Cooper o “la donna più brutta che abbia mai visto”, con le parole dello strabiliato Barnabas.
Barnabas Collins è a tutti gli effetti un parente stretto di quella sequela di eroi perdenti e completamente slegati dal mondo circostante che, a partire da Edward mani di forbice – ma passando anche per personaggi non “deppiani” come Jack Skeleton – arriva fino al Cappellaio matto della terribile Alice burtoniana. E tra alti (molti) e bassi (molto pochi) nessuno ha mai avuto da ridire su questo “eterno ritorno” dell’uguale sotto spoglie sempre nuove: è la cifra stilistica di Tim Burton e, insieme alla sua immaginazione sconfinata, il motivo per cui in così tanti lo amano.
Eppure. Se il mortalmente pallido vampiro/Depp, con l’ombrellino e gli occhiali per proteggersi dal sole, strappa più di un sorriso, la storia complessiva, che a malapena si può dire gli faccia da contorno, è assai debole e sconclusionata. Nonostante Tim Burton, nel centenario della morte di Bram Stoker, si muova nel genere a lui più congeniale (così come sembrava che lui e lui solo avrebbe potuto riportare Alice in Wonderland sul grande schermo), proprio quando tutti gli stilemi del genere potrebbero concorrere ad esaltare la sua narrativa, qualcosa si incrina. E va a toccare proprio il centro nevralgico della sua poetica: la pietas sconfinata per l’irriducibilmente diverso. Se alla strega cattiva è fatto dono di una sconfitta almeno un po’ accorata, sarà all’insipida Victoria/Josette - solo apparentemente bambina negletta e sfortunata alla Burton, ma in realtà versione leziosa di Jane Eyre - che andrà il cuore dell’eroe e l’happy end. Così come l’odiosa Alice trionfava sulla triste regina di cuori. Se alle streghe ammalate d’amore vengono preferite le ragazze con gli occhi da cerbiatto non basterà coprire di cerone Johnny Depp per essere diversi.


CAST & CREDITS

(Dark Shadows) Regia: Tim Burton; sceneggiatura: Seth Grahame Smith; fotografia: Bruno Belbonnel; montaggio: hris Lebezon; musica: Danny Elfman; scenografia:Rick Heinrichs ; interpreti: Johnny Depp (Barnabas Collins), Eva Green (Angelique Bouchard), Helena Bonham Carter (Julia Hoffman), Michelle Pfeiffer (Elizabeth Collins Stoddard); produzione: Warner Bros.; distribuzione: Warner Bros.; origine: Stati Uniti; durata: 113’.


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