Diamante nero

Metti un gruppo di ragazze nere che giocano a rugby in una banlieu parigina. Mettine una che si chiama Marieme (Karidja Touré), che ha un viso scurissimo con occhi profondi e lineamenti lisci come acqua di fonte. La ragazza va al liceo, è responsabile a casa, ha una sorella piccola di cui si prende cura, una madre assente che lavora tanto e un fratello che si atteggia a capofamiglia e picchia chi non è d’accordo con lui. Una situazione tipica di una famiglia naturalizzata francese con modelli retrogradi africani. Marieme ama un giovane, Ismael, amico del fratello che ovviamente le proibisce ogni contatto con l’altro sesso.
Oppressa dal contesto familiare ed esplosiva nel contesto sociale, alla fine della scuola la fanciulla diventa amica di Lady e delle sue due compari, diventando una componente di una gang femminile di bulle del quartiere. Scopre dentro di sé e si costruisce una nuova identità, si veste aderente, jeans e giacca di pelle, alliscia i capelli, assume un’aria spavalda e cambia nome: Vic come Victoria. Piano piano ci prende gusto, danza e canta, come in un karaoke privato,"Diamonds" di Rihanna in una stanza d’albergo presa dalle ragazze per il puro gusto di indossare vestiti rubati in grandi magazzini, bere alcolici dal frigobar e vedere film fino a cadere addormentate tutte sullo stesso letto matrimoniale: un’istantanea da cartolina pubblicitaria di una catena alberghiera a quattro stelle.
Ma si stanca anche di questa maschera e, per fuggire di casa definitivamente, finisce a proporsi, per acquisire un’autonomia economica, come possibile spacciatrice di strada al boss di zona. Nuovo look, capelli legati in testa come fossero corti, tuta e felpa per diventare il più possibile simile ad un uomo. Vive in un appartamento con una coetanea che fa la prostituta, scherza davanti ai videogiochi con altri spacciatori ordinando pizza per telefono, frequenta Ismaele che ha continuato ad amare per mesi.
Tre atti. Tre variazioni di identità femminile. Tre modi di vivere. Tentativi autonomi e variabili, declinazioni di crescita velocizzata. Finale lasciato volutamente aperto.
Belle immagini. Scelta di tonalità blu dominante nella fotografia (la regista, in conferenza stampa, dice: "il blu come colore dell’immaginazione, del volo fantastico oltre il reale")
Regia sapiente. Scrittura a togliere, situazioni non esplicitate verbalmente, azioni e reazioni. Le protagoniste, tutte esordienti, hanno dato corpo e vita ai personaggi. Céline Sciamma ha provinato trecento ragazze nere francesi nei centri commerciali, nei parchi giochi, nelle strade: cercava una faccia precisa ma mobile, una spugna da modellare a suo piacimento. Non voleva qualcuno che raccontasse se stesso attraverso il suo vissuto, piuttosto qualcuna in grado di recitare una storia come se fosse la sua, con la naturalezza del gioco. Questa magia si è magistralmente verificata, in un mix di ambiguità, leggerezza, improvvisazione e violenza adolescenziale.
Presentato in apertura della Quinzaine des Réalizateurs a Cannes 2014, il film ha ottenuto quattro candidature ai César francesi ed ha riscosso gran successo di pubblico (soprattutto giovanile) in sala.
(Bande de filles); Regia e sceneggiatura: Céline Sciamma; fotografia: Crystel Fournier; montaggio: Julien Lacheray; interpreti: Karidja Touré, Assa Sylla, Lindsay Karamoh, Marietou Touré, Idrissa Diabate, Simina Soumare; produzione: Hold Up Films, Lilies Films, Arte France Cinéma; distribuzione: Teodora Film; origine: Francia, 2014; durata: 113’
