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Dixia de tiankong (The shaft) - Torino Film Festival 2008 - Concorso

Pubblicato il 29 novembre 2008 da Matteo Botrugno


Dixia de tiankong (The shaft) - Torino Film Festival 2008 - Concorso

L’altra faccia del boom economico della Cina è stata spesso portata al cinema e analizzata in molte sue parti. Dalla vita nella zone rurali alle baraccopoli nelle grandi città, il nuovo cinema cinese sembra essere indirizzato verso un approccio tendenzialmente realista e attento a trattare argomenti delicati, parlandone con coraggio e sfidando la censura.
Il regista Zhang Chi, al suo esordio dietro la macchina da presa, ci conduce con grande raffinatezza in una cittadina al nord-ovest della Cina, una delle tante in cui la maggior parte della popolazione di sesso maschile è costretta a lavorare in miniera, unico impiego possibile in quelle zone. Il film è diviso in tre capitoli, ognuno riguardante un membro di una famiglia di lavoratori. Il primo tratta la vicenda di una ragazza divisa fra un amore stabile e la prospettiva di sposare un ricco uomo di città; suo fratello, nel secondo capitolo, fa di tutto pur di evitare di andare a lavorare in miniera ed andare a Pechino per realizzare il suo sogno di diventare una pop star; nel terzo, infine, il padre dei due, provato da una vita spesa sottoterra ad estrarre carbone, ricerca la moglie fuggita dal paese molto tempo prima.
Alienazione e sfiducia divengono i leitmotiv dell’opera. Ogni personaggio trascina a fatica l’ombra del proprio stesso corpo, provato dagli sforzi e dalla fatica. Rassegnazione e sconforto, nei confronti di una vita già scritta con piccone e martello sul carbone, lasciano però il posto al desiderio di dare una svolta ad una così alienante realtà. Malgrado le due storie iniziali mostrino un senso di parziale sconfitta nei confronti del destino, sia nel caso della ragazza che accetta il compromesso del matrimonio con il ricco uomo e di suo fratello che si scontra con dura realtà del lavoro in miniera, nella terza storia il regista lascia spazio ad un vago senso di fiducia nel futuro, che trascina l’anziano fuori dal paese d’origine alla ricerca di qualcosa che aveva perduto e che non aveva mai avuto il coraggio di provare a cercare.
L’ispirazione al nuovo cinema indipendente cinese è evidente. Il modello principale è proprio Zhang Ke, autore che con Still Life si era imposto non solo per le indiscusse qualità tecnico-narrative, ma anche per le tematiche affrontate. Il miracolo economico deve ancora avvenire nelle zone in cui si muovono personaggi come quelli descritti dal regista sovracitato e dall’autore di Dixia De Tiankong (The Shaft). Quest’ultimo, cavalcando l’onda di un interesse collettivo nei confronti della Cina “invisibile” e supportato da un bagaglio tecnico notevole, si muove con lenti dolly fra le povere case e osserva, con uno sguardo fisso di desolanti campi lunghi e struggenti primi piani, non tanto una realtà in disfacimento, quanto un qualcosa che è nato e sta serpeggiando fra le macerie. Come nello straordinario finale, la vita è un sentiero tortuoso fra le montagne. Spetta a noi capire se prima o poi vogliamo intraprenderlo o meno. Ottimo esordio.


CAST & CREDITS

(Dixia de tiankong); Regia e sceneggiatura: Zhang Chi fotografia: Liu Shumin; montaggio: Chen Yong; musica: Guo Sida; interpreti: Deyuan Luo (Baogen), Xuan Huang (Jingsheng), Luogian Zheng (Jingshui), Chen Li (Daming); produzione: China Film Association; origine: Cina, 2008; durata: 98’


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