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Draquila - L’Italia che trema

Pubblicato il 9 maggio 2010 da Edoardo Zaccagnini


Draquila - L'Italia che trema

Sabina Guzzanti riduce al minimo la satira e sceglie la strada della controinchiesta in stile Michael Moore. Con atteggiamento giornalistico, mettendo spesso la faccia dentro un’inquadratura per nulla barocca, compie un’indagine efficace su L’Aquila e sulla sua terribile e più recente tragedia. Sabina filma il dolore e le speculazioni mascherate da solidarietà e soccorso. Poi allarga il suo discorso: partendo dalla città abruzzese descrive un anno di Italia (L’Italia che trema ma che non riesce a cambiare le sue sorti) e con questo la situazione politica e culturale del nostro paese. Dai compleanni sospetti alle escort di palazzo, dai recenti legami tra politica e imprenditori alle santificazioni popolari del premier, dal G8 della Maddalena (saltato) a quello realizzato a L’Aquila. Il suo documento è ricco di informazioni e chiaro in un messaggio che è drammatico nel ribadire un’emergenza già gridata altre volte ma ancora tale e quale nella sua ormai immobile tristezza. Il film dell’ex comica è solido, preciso e duro, solo qua e là disposto a far entrare qualche squarcio di agra ironia nel racconto. Povero e asciutto, esteticamente minimalista, il terzo documentario della regista romana si infila nella realtà del paese e filma la frattura culturale che caratterizza il nostro presente. Ormai solidificata da molti anni di berlusconismo inarrestabile. Ovviamente la Guzzanti prende una posizione precisa, in un certo senso ovvia, ma lo fa avvalendosi di una capacità di racconto sempre più matura, e costruendo un’inchiesta che è convincente perchè le riflessioni e le amare emozioni che suscita nascono da una dimostrazione completa e dettagliata dei fatti. Draquila, L’Italia che trema denuncia gli abusi e gli affari organizzati e spartiti tra pubblico e privato a partire da una tragedia, un giro di interessi di cui le vittime non si rendono bene conto, perchè il trucco è sottile, lo stratagemma finissimo, lo schema invisibile ed astuto, mentre la capacità critica del popolo è sempre più magra. Se Draquila, ovvero l’avvento di vampiri scaltrissimi, più o meno i soliti, su una bellissima città funestata dal male, può apparire poco innovativo nell’esposizione del problema (in verità l’approfondimento del rapporto tra governo e "Protezione civile" è notevole ed inquietante), nessuno può obiettare sulla capacità del film di inquadrare la spaccatura che divide in due parti il paese. Da una parte chi è già informato su tutto ed ben disposto ad indignarsi per l’ennesima volta, e dall’altra chi non ha nessuna voglia di andare oltre le sue convinzioni, e pensa che attaccare il presidente del consiglio sia sleale e vigliacco. Da un lato chi crede fermamente nell’errare consapevole dei potenti e sull’altro chi crede che questa leadership sia la più creativa e ed attiva da molti anni quasta parte. Sappiamo che il documentario di Sabina Guzzanti verrà apprezzato dal primo gruppo di persone, e che le altre, probabilmente, non andranno mai a vedere questo lavoro. O se lo faranno lo giudicheranno un film fasullo e cattivo. Sappiamo che il film è politico oltrechè giornalistico, e che chi lo apprezzerà lo farà in quanto parte di uno schieramento, mentre chi fa parte dell’altro accuserà di odio, di invidia e di sterile Pamphlet. E’ successo già altre volte, da Il caimano a Videocracy, passando per altri lavori della Guzzanti e per altri documentari di controinformazione. Ma ciò non diminuisce il valore di un buon documento storico, oltrechè di prezioso giornalismo di inchiesta. In primis perchè la qualità contenutisitica del film della Guzzanti fa si che questo possa essere apprezzato anche da chi non vive camminando in mezzo a paletti piantati dalla politica, e poi perchè l’informazione non è mai troppa ed è su questa che si basano idee valide e mature. Male non fa, ad un paese che dovrebbe essere civile, un’opera che non ha paura di pensare, mostrare e prendere posizione, che è importante persino nel sottolineare ancora di più, con disarmante nettezza, divisioni e blocchi culturali. Lo chiarisce prontamente anche la doppia reazione al film, in questo paese prima mancato e poi irrimediabilmente diviso. Immediatamente abbiamo ritrovato quelli che sono convinti di avere ancora occhi per vedere, ed attendono, ormai sfiniti e scoraggiati, una voce forte che li difenda, e che gridi la presunta verità (una voce che la politica del loro colore non ha più da tempo, raccontata in Draquila come un gazebo vuoto abbandonato sotto la neve, dove sono rimasti un panino puzzolente, qualche sedia rotta e nessun segnale di vita) e quelli, la maggioranza silenziosa ma votante, uno schieramento popolare più vasto dell’altro, che crede nella bontà e nell’intelligenza del capo. I primi reputano i secondi segnati irrimediabilmente da anni di tv e di lavaggio del cervello; i secondi, o almeno la parte più vivace di questi, considerano i primi come innamorati della demagogia, del catastrofismo, della polemica verbale e dell’idiosincrasia con il fare. Gente che vede il marcio e il male dovunque, che fa della dietrologia uno dei suoi passatempi preferiti. Insomma, da una parte una rabbia intellettuale che sa produrre solamente un’immagine falsata e pessima del nostro paese, e dall’altra una massa ritenuta dagli avversari inebedita e credulona, convinta che le cose vadano meglio adesso che in passato, o che cambiando governo non si ricaverebbe nulla di buono. Da una parte, per semplificare, Michele Santoro, che prende un pezzo del film della Guzzanti, per altro tagliato, e lo manda in onda ad “Anno zero” per rafforzare il suo messaggio disperato, e dall’altra il ministro Bondi, che annuncia di non andare a Cannes perché lì c’è un documentario, quello di Sabina Guzzanti, appunto, che umilia il nostro paese. Non è più la questione dei panni sporchi che si lavano in famiglia, come diceva Andreotti nell’immediato secondo dopoguerra, ma una questione di panni sporcati per distruggere l’immagine non tanto del paese, quanto di chi lo governa, di quel Berlusconi lì, che è sempre amato dalla gente e sempre più smascherato dagli intellettuali di opposizione che con i loro lavori indipendenti offrono un punto di vista che vuole svelare gli interessi e le ingiustizie che l’informazione ufficiale si guarda bene dal raccontare. Ecco il nostro paese attuale, dipinto efficacemente in un documentario che parla prima di tutto di cosa è successo a L’Aquila, di come l’occasione del terremoto sia stata colta prontamente dai vampiri affamati e irrobustiti dal potere. E usa questo enorme ed inaccettabile paradigma come specchio e come strumento per raccontare di più. Il sisma è diventato un affare come quello dei rifiuti, è servito per fare soldi ed ottenere voti e potere. La gente italica è sempre più merce, clientela preziosa e fragile, che va trattata con cura non tanto per il suo valore umano, quanto per quello commerciale. Si certo, l’abbiamo sentito dire da qualche altra parte, anche molte volte, ed abbiamo sentito dire anche il contrario, al punto che persino le nostre convinzioni hanno vacillato , facendoci sentire paranoici e violenti nel pensare male. Ma 93 minuti di inchiesta toccante rafforzano la convinzione che chi comanda abbia in mente altro che la nostra felicità. E certe immagini, un racconto forte come quello della Guzzanti, ci aiuta a ricordare quanto la nostra coscienza sia preziosa, quanto la nostra attenzione a quanto accade sia l’arma più potente che abbiamo. Forse la sola che ci è rimasta. E nessuno può aver paura di sentirla crescere dentro. C’era una volta il cinema italiano di impegno civile, di cui oggi andiamo fieri. C’è oggi un documentario di impegno civile che risolve (in parte) il problema di un’informazione televisiva monca e pilotata. Come non accoglierlo con applausi e ringraziamenti?


TRAILER

Sabina Guzzanti riduce al minimo la satira e sceglie la strada della contro inchiesta in stile Michael Moore. Con atteggiamento giornalistico, mettendo spesso la faccia dentro un’inquadratura per nulla barocca, compie un’indagine efficace su L’Aquila e sulla sua terribile e più recente tragedia. Filma il dolore e le speculazioni mascherate da solidarietà e soccorso.


CAST & CREDITS

Regia: Sabina Guzzanti; fotografia: Mario Amura, Clarissa Cappellani; montaggio: Clelio Benvento; produzione: Secol superbo e sciocco Produzioni, Gruppo Ambra, Alba Produzioni, in collaborazione con Bim distribuzione, e con Fernando Vicentini Orgnani, Sandro Freza e Sergio Bernardi,


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