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Drive

Pubblicato il 21 maggio 2011 da Salvatore Salviano Miceli
VOTO:


Drive

Se si conosce, anche non troppo approfonditamente, il cinema di Nicolas Winding Refn, questo suo Drive può sorprendere solo in parte. I film del regista danese, dall’esordio con Pusher sino all’apocalittico Valhalla Rising, sono racconti in cui durezza e violenza non si preoccupano di fare alcuno sconto a chi osserva. Lo stile è concreto. Poche danze con la macchina da presa, piuttosto inquadrature secche tese a restituire immediatamente la crudezza che ogni storia porta con sé.
In questo suo ultimo progetto il regista compie un passo ulteriore. Per quanto la storia, basata sulla breve novella di James Sallis del 2005 (nonostante qualche somiglianza, cade la tesi che il film sia una sorta di remake del quasi omonimo The Driver, datato 1978, di Walter Hill con Ryan O’Neal e Isabelle Adjani), sia concentrata esclusivamente sul protagonista - di cui non sapremo mai il vero nome - Refn realizza un noir cattivo, insieme sporco ed elegante, in cui tutti i personaggi entrano in gioco con le loro mosse scatenando una serie di reazioni il cui minimo comune denominatore è una violenza sempre più esasperata e incontrollabile.

Musica e stile visivo, costruzione dell’inquadratura e tonalità cromatiche, gettano un ponte diretto con le atmosfere della fine degli anni Ottanta. Atmosfere dominate dal volto di un Ryan Gosling che si conferma uno dei talenti, ormai pienamente formati, dell’attuale cinema internazionale. Drive è interamente strutturato su una tensione che cresce inesorabilmente trascinandosi dietro relazioni personali e possibilità di salvezza.
Il prologo travolge tra il suono dei motori e la freddezza di gesti automatizzati, ripetuti come una scatenata danza meccanica. Da metà film si avverte immediatamente la consapevolezza di un destino cui sarà impossibile sfuggire. Ed il destino vira verso il colore del sangue che comincia a scorrere senza parsimonia. Ma è l’estetica della violenza ostentata che merita di essere sottolineata.
Siamo lontani dal narcisismo tarantiniano e dal suo gusto a volte un po’ barocco altre più vicino al kitsch. Qui si resta ancorati alla realtà, ad un orrore fisico che nasce spontaneo da una rabbia che trasfigura volti e corpi. Gosling, che in più di qualche momento ricorda il Mortensen di A History of Violence, regola le sue espressioni secondo modulazioni impercettibili. Se per lunghi tratti lo troviamo quasi inerte, in uno sguardo caricato di disillusione e nichilismo, improvvisamente scorgiamo piccole variazioni che lasciano intravedere un passato di solitudine ed una ricchezza interiore tenuta ben nascosta. Quel volto però è pronto a lasciarsi sconvolgere quando vendetta e rabbia diventano i naturali protagonisti della storia.

Drive è più che una semplice rivelazione. È l’opera di un regista che mostra di apprezzare la lezione di Michael Mann senza lasciarsi andare troppo, però, ad un ripetitivo citazionismo. È un film duro e, certo, non per tutti.


CAST & CREDITS

(Drive) Regia: Nicolas Winding Refn; soggetto: basato sull’omonimo racconto di James Sallis; sceneggiatura: Hossein Amini; fotografia: Newton Thomas Sigel; montaggio: Mat Newman; interpreti: Ryan Gosling (The Diver), Carey Mulligan (Irene), Ron Perlman (Nino), Christina Hendricks (Blanche); produzione: Bold Films, Oddlot Entertainment; distribuzione: Wild Side Films; origine: Usa; durata: 100’


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