Ehky ya Scharazad - Venezia 66 - Fuori Concorso

La condizione della donna nel mondo musulmano è ormai una tematica costante del cinema contemporaneo. Lo sceneggiatore Waheed Hamed ed il regista Yousry Nasrallah, però, con Ehky ya Scharazad portano avanti la denuncia di tale situazione attraverso una modalità narrativa completamente differente rispetto a quanto hanno fatto gli autori che già hanno trattato l’argomento in passato. Inserire infatti l’analisi e la descrizione delle costrizioni e della sottomissione sociale della donna musulmana in un plot che verte sul mondo dei media, sul potere politico della stampa e sulla supremazia del culturale del video rappresenta un’operazione artistica alquanto originale.
Certo, anche quest’ultimo elemento narrativo non è assolutamente nuovo per le cinematografie dei giorni nostri. Soprattutto le produzioni occidentali hanno più volte puntato il dito contro questo graduale assorbimento della vita reale in quella spettacolare del piccolo schermo. In quest’opera però la prospettiva si ribalta. Se infatti tali pellicole rappresentano delle vere e proprie critiche (anche non leggere) verso questo nuovo atteggiamento del media televisivo, Sheherazade. Tell Me a Story (questo il titolo internazionale) al contrario, vuole mettere in evidenza l’importanza politico-sociale che esso potrebbe assumere nei paesi del mondo musulmano, in questo caso particolare in Egitto. Portare la vita reale davanti a milioni di spettatori, sbattere in faccia la verità a chi non vuole vedere questa misoginia imperante, rendere il mezzo televisivo non un filtro mistificatorio ma limpido narratore del vero potrebbe infatti costituire una potente arma di denuncia. Questo è il panorama che descrive Nasrallah; ed ecco dunque che la tv-realtà anziché rappresentare un male, diventa - ovviamente se sfruttato per una ristrutturazione dell’etica sociale e come mezzo di denuncia- un elemento positivo, un tramite mediatico utile e necessario. .
In Sheherazade è cruciale dunque la figura di Hebba (interpretata sapientemente da Mona Zakki), affermata conduttrice televisiva che ha messo da parte il suo passato da giornalista d’inchiesta per cavalcare l’onda del successo del reality televisivo, portando sul piccolo schermo storie furbe ed accattivanti. E’ la sua presa di coscienza sulle vere potenzialità della trasmissione a cambiare il suo modo di lavorare: non più ospiti e storie che possono facilmente ricevere i favori del pubblico, ma vere e proprie indagini nel sociale, interviste a donne che devono raccontarsi per poter sopravvivere.
Nel complesso Sheherazade è un’opera compiuta, diretta discretamente, interpretata con le giuste sfumature dai suoi attori. E’ un film che arriva dritto allo spettatore, che scaglia con forza la sua denuncia e che propone in modo preciso il quadro della società egiziana di oggi. E’ un’opera di finzione che a tratti si imprime sullo schermo con la decisione espressiva di un documentario.
La sceneggiatura di Hamed rappresenta la forza della pellicola: presenta infatti dialoghi costruiti nel dettaglio, situazioni emblematiche del contesto che vuole descrivere, personaggi, sì schematici in alcuni casi, ma funzionali all’obiettivo del film ed una struttura narrativa che in ‘climax ascendentis’ fa salire gradualmente i toni del racconto, fino ad arrivare ad un finale di notevole impatto. In tutto ciò, però, si avverte un’evidente sproporzione tra alcune parti: l’alternanza tra la storia principale del film ed i racconti degli ospiti della trasmissione televisiva non funziona in pieno. L’incedere si fa lento e la mano di Nasrallah, soprattutto nella parte centrale, non riesce a tenere le redini del racconto e la messa in scena presenta in modo distaccato i due livelli narrativi.
Nonostante ciò, Sheherazade non perde affatto di vista l’importanza e la profondità dei suoi contenuti. Nella parte finale, poi, l’opera si riprende, appassiona, impressiona. E la conclusione, in cui Hebba da intervistatrice diventa narratrice della sua storia personale, non può che far riflettere.
(Ehky ya Scharazad) Regia: Yousry Nasrallah; sceneggiatura: Waheed Hamed; fotografia: Samir Bahsan; montaggio: Mona Rabi; musica: Tamer Karawan; interpreti: Mona Zakki, Mahmoud Hemeda, Hassan El Raddad; produzione: Abou Ali Kamel (Misr Cinema); distribuzione: Pyramide International; origine: Egitto; durata: 135’.
