Encounters at the End of the World

Vi è una strana ironia in quest’ultima opera di Werner Herzog, documentario filmato sul ghiaccio più profondo e accecante, quello dell’Antartide, nella base statunitense di McMurdo sull’isola di Ross. Strana perché procede a piè sospinto – anche troppo – lungo i primi attimi, tanto da condurci con certa facilità all’oblio della facoltà sensoriali, invece che all’eccitazione. Eppure, fortunatamente, ogni volta esiste ’un eppure’ nel cinema del signor Stipetic: l’illusionismo e la capacità della Forma di raggiungere sempre forme nuove, in un gioco che conduce lo spettatore nelle trame scelte per lui dal demiurgo. L’autore assai si scopre, fin da subito, rivelando con tono scherzoso che non vorrà girare il solito documentario sui pinguini. Ma è pronto a far cambiare registro al film, più volte anche, utilizzando con impareggiabile perizia le possibilità concessegli dal montaggio delle voci portate in scena.
Ed è sempre Herzog che ci trasporta nell’oscuro luogo del quale impossibile è innamorarsi – forse - e, comunque, non almeno quanto delle persone che lo abitano: ’profughi’ che cercano rifugio dal mondo civile che li ha scartati, in una oasi invivibile per la maggior parte dell’umanità; tipici eroi herzoghiani, scienziati che sono anche filosofi, alcuni anche esuli politici, comunque sognatori, comunità di solitari visionari, immersa in una natura che sembra un’immagine vista per la prima volta. E la visionarietà ancora più luccica in questa natura brulla, deserto di ghiaccio, dove una placida famiglia di foche rassomiglia a una famiglia di umani a quattro zampe, quotidianamente studiata da un gruppo di ricercatori.
Ma al di sotto di questa coltre si cela il mare, Ignoto spazio profondo dove più facile è raggiungere l’estasi audiovisiva. Ed Herzog filma tutto con amore, assieme al timore della Fine: quella delle balene che, però, preoccupa meno della scomparsa delle lingue e del linguaggio, ossia dell’essere al mondo. Ed ogni storia converge ai limiti del pianeta, verso il Polo Sud, un punto talmente unico da sembrare di non appartenere al resto del mondo, linea di fuga che sembra fuggire via, verso l’orizzonte infinito.
E una sola inquadratura, come sempre accade nel cinema che è degno di tale nome, restituisce il senso di un’intera operazione filmica: un pinguino che, piuttosto che seguire il gruppo per trovare mangiare sicuro, si dirige nella parte opposta, verso le montagne, dove con certezza troverà solo la morte. Come l’Uomo?
(id) Regia e sceneggiatura: Werner Herzog; fotografia: Peter Zeitlinger; montaggio: Joe Bini; musica: Henry Kaiser e David Lindley; produzione: Discovery Films; origine: USA 2007; durata: 99’; web info: sito ufficiale.
