Ritorno alla vita
Numerosi sono i film che si confrontano con la morte di un bambino o di un adolescente per un incidente stradale. Citando a memoria vengono in mente uno degli episodi di Short cuts di Altman, Reservation road di Terry George (2008), o più recentemente Gnade (Mercy) di Mathias Glasner, presentato in concorso alla Berlinale 2012. Spesso l’incidente si verifica all’inizio della pellicola, precipitando i protagonisti in un abisso di disperazione, perchè cosa c’è di più terribile della morte di un bambino, anche se è stato un caso, una fatalità, o appunto un incidente?
Da questo tragico evento ha inizio anche l’ultimo film di Wim Wenders, presentato fuori concorso alla Berlinale come ultimo tassello di una retrospettiva dedicatagli in occasione della consegna dell’orso d’oro alla carriera. Il protagonista Tomas (James Franco), uno scrittore alle prime armi in crisi sentimentale, del tutto involontariamente si rende responsabile di un incidente mortale nel bel mezzo di un gelido inverno nevoso: il colpo di genio, in questo caso, sta nel fatto che davanti alla macchina, a bordo di uno slittino che ha tagliato la strada alla macchina, c’è un piccolo sbalordito ma illeso, e con grande sollievo il protagonista lo riconsegna alla madre che abita lì vicino. La quale, come lo vede comincia a chiamare disperata il nome del fratellino più piccolo, che è rimasto sotto le ruote della macchina e che non vedremo mai.
Everything will be fine è la storia di una sopravvivenza: essenzialmente quella di Tomas, che dopo un tentativo di suicidio, più come richiesta d’aiuto che come effettivo desiderio di morire, decide di andare avanti e anzi la sua carriera decolla regalandogli grandi soddisfazioni, mentre costruisce una nuova relazione con una donna che ha già una bambina, di cui diventa affettuoso patrigno. Periodicamente il passato torna a fare capolino: nei dieci anni in cui si svolge la vicenda, è lui stesso a cercare la madre del piccolo ucciso (Charlotte Gainsbourg) o ad essere da lei cercato e soprattutto dal piccolo Christopher, il sopravvissuto, che stranamente ha fatto di Tomas una sorta di figura paterna di cui ricerca l’affetto (non si sa che fine abbia fatto il vero genitore), dato che grazie alla fede religiosa la madre lo ha persuaso che è stato un incidente e che Tomas non è colpevole. Sarà dunque Christopher, una volta diventato adolescente, ad andarlo a cercare e a metterlo di fronte non tanto alla sua antica colpa, ormai elaborata, ma alla sua tendenza a difendersi dai sentimenti tenendo lontano da sè le persone.
Wim Wenders è senza dubbio uno dei grandi registi degli ultimi decenni, regista in senso stretto, ovvero tecnico, ovvero colui che guarda e rappresenta e (come lui stesso dice) “scolpisce con la luce”. In lui convivono l’anima tedesca natia e quella americana acquisita e nella sua filmografia questo conduce a risultati estremamente diversificati, che hanno partigiani dell’una e dell’altra parte. Decisamente Everything will be fine è un film americano, non solo per l’ambientazione e per il cast, ma per lo spirito con cui è costruito entro precisi stilemi del genere melodrammatico. Wenders raggiunge alte vette quando il suo talento visivo è sostenuto da una scrittura cinematografica forte e lirica, come ha dimostrato ad esempio il sodalizio con Peter Handke. Non è invece adeguata la sceneggiatura del norvegese Bjørn Olaf Johannessen, il cui passato come autore di prodotti televisivi è purtroppo evidente, e che con Wenders aveva già collaborato nel film a episodi Cathedrals of culture, presentato l’anno scorso alla Berlinale, con il segmento dal titolo Oslo Opera House, che non brillava purtroppo per originalità.
Essendo inoltre poco appassionati al 3D, viene da chiedersi se c’era realmente bisogno di realizzare il film in questo formato, seppur in altissima qualità, come del resto ce lo si era chiesti anche per il documentario su Pina Bausch.
(Everything will be fine); Regia: Wim Wenders; sceneggiatura: Bjørn Olaf Johannessen; fotografia: Benoît Debie; montaggio: Toni Froschhammer; musica: Alexandre Desplat; interpreti: James Franco (Tomas), Charlotte Gainsbourg (Kate), Rachel McAdams (Sara), Marie-Josée Croze (Ann), Robert Naylor (Christopher); produzione: Neue Road Movies; origine: Germania/Canada/Francia/Norvegia/Svezia, 2015; durata: 118’