FERRO 3 - LA CASA VUOTA
Ancora un grande film per Kim Ki-duk. Non c’è acqua questa volta a dominare la scena come nelle sue precedenti opere (si pensi al lago dell’Isola o a Primavera, estate, autunno, inverno...), al contrario sono le abitazioni, gli spazi interni, a punteggiare lo scorrere narrativo. Sì, perché il protagonista, Tae-suk, va in cerca di case vuote in cui stabilirsi in assenza dei loro proprietari. Non vuole rubare, non è un vandalo; anzi, prima di andar via rimette tutto in ordine: lava i panni sporchi, pulisce e si autofotografa con sullo sfondo una foto dei proprietari. La natura di Tae-suk è misteriosa, sembra quasi l’anima stessa dei luoghi, o quantomeno è come se con la sua presenza volesse rompere il cerchio di solitudine in cui sono imprigionate le persone nelle loro case (questo forse uno dei significati del suo autofotografarsi, di quel gioco continuo sull’inquadratura che rinchiude/esclude e quella che riapre/include). Una specie di fantasma visibile e invisibile al tempo stesso, capace di interpretare i desideri non detti delle persone, di custodirle, di prendersi cura di loro proprio in virtù della sua inconsistenza (sono presenti echi e temi buddisti nell’ordito del film). La domanda con cui si chiude Ferro 3 è proprio su cosa sia reale o meno. Kim Ki-duk ci consegna una riflessione sul cinema stesso e in particolare su cosa animi l’immagine.
[settembre 2004]
regia: Kim Ki-duk sceneggiatura: Kim Ki-duk fotografia: Jang Seung-back montaggio: Kim Ki-duk musica: Slovian interpreti: Lee Seung-yun, Jae Hee produzione: Kim Ki-duk Film origine: Corea del Sud 2004