X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Festa del cinema di Roma 2007 - Le pere di Adamo - Extra

Pubblicato il 1 novembre 2007 da Edoardo Zaccagnini


Festa del cinema di Roma 2007 - Le pere di Adamo - Extra

Le Pere di Adamo è un film sul precariato sorretto da considerazioni sul clima: due delle ansie che innervosiscono la nostra società. L’instabilità destabilizza, il precariato fa paura come le inquietanti profezie sul clima. Al primo problema ci stiamo abituando, nel senso che è nel nostro quotidiano ed il combattimento, logorante, è già iniziato. C’è rapporto fisico e c’è conoscenza. E’ il bello di essere in battaglia. La conoscenza porterà all’assenza di paura? Allo scioglimento del nodo? Delle annunciate catastrofi climatiche, al contrario, c’è soprattutto rappresentazione. Potremmo racchiuderle nel fatto mediatico. Considerarle costruzioni ad hoc, sempre più continue ed incalzanti, seppur sappiamo che non sia così. Sono delle reiterate, seppure molto ben argomentate, annunciazioni. Tutto questo informare e controinformare sul clima potrebbe essere, magari non lo è, un’antipatica e poco nobile scelta politica. Perché nelle nostre società il tempo cambia ancora come è sempre cambiato, e nessuno, a tutt’oggi, può definire il clima un vero problema sulla pelle. Se non lo studioso che trasforma in emozione negativa la reazione ad una precisa consapevolezza scientifica. Rimane il fatto che le incertezze, i problemi, le paure collettive hanno una grande capacità di divenire materia artistica. E’ una antichissima predisposizione naturale. L’attualità che si fa arte è quasi impossibile da trattare male. Quando ai drammi si associa (talentuosamente) la bellezza, il contrasto può scatenare una materia invisibile capace di annientare la parte più ostica del critico più freddo ed ostile. Per stare dentro a tutte e due i campi, per sciare con un problema “interno” (il precariato) ed uno esterno (il clima), Guido Chiesa, e il suo criptato sceneggiatore, si inventano un’associazione concettuale più geniale e fantasiosa che furba. La società è prima di tutto natura: quello sociale è un fenomeno naturale. C’è irrazionale nel clima come ce ne è nella società. Da questo cancelletto di partenza parte un parallelo tra la condizione naturale delle nuvole e quella degli esseri umani. La metafora climatica si presta a fungere da supporto per una filosofia del precariato. E più in generale della storia umana. Non propriamente poco come progetto. Chiesa vuole spiegare, senza riuscire a conferire una sperata compattezza al suo discorso, che la realtà sociale e politica è come le nuvole: un movimento di particelle diverse tra loro che assume forme bizzare, affascinanti e pericolose, benevoli ed inquietanti. Eterna formazione e costante dissolvimento. Rinascita altrove, nuovo ciclo, percorso, cammino, ulteriore morte. Le nuvole cambiano come le idee. Le nuvole sono imprevedibili come la storia. Le nuvole sono l’insieme di ogni nuvola. Un doppio binario sovrapponibile sorretto da fortunati esperimenti linguistici che però risulta un lavoro molto ambizioso e poco preciso nel risultato. Il regista di Il Partigiano Johnny e di Lavorare con lentezza (già esperto di documtari realizzati accanto a Davide Ferrario), cerca corrispondenza scientifica tra il comportamento dei movimenti sociali e quello delle nuvole. Infila lo spettatore dentro un labirinto di società e scienza, di arte e di numeri, che è contorto anche se meraviglioso in alcuni tratti del paesaggio. Quello di Chiesa è un esperimento di cinema filosofico che accoglie in sé una serie di elementi a cui lo spettatore non può e, soprattutto, non deve rimanere indifferente. La musica classica accarezza la natura (Herzog) mentre suonano campanelli d’allarme tutte le volte che partono i suoni “anitride carbonica”, “inquinamento”, “rifiuti”. Il progetto di Chiesa è molto ambizioso e risolto meglio attraverso le emozioni che il suo linguaggio, separatamente dal messaggio, fornisce piuttosto che dalla chiarezza della sua visione delle cose. Rimane questo parallelo insolito e coraggioso, accanto alla commistione di cinema e cartoon, di personaggi interessanti che disquisiscono di temi enormi con simpatia, preparazione e leggerezza. Meglio le parti che la loro somma chimica.


CAST & CREDITS

(Le pere di Adamo); Regia: Guido Chiesa, sceneggiatura: Guido Chiesa; montaggio: Luca Gasparini, fotografia: Gherardo Gossi, interepreti: Luca Mercalli, Iain McLarty, François-Loïc Glasman, Mariline Gourdon, Mitsou Doudeau, Sandra Bechtel, produzione: Orione Cinematografica; orgine: Italia, 2007; durata: 90’


Enregistrer au format PDF