Festa del Cinema di Roma 2007 - Mongol - Conferenza Stampa

Questo è un progetto che la ha accompagnata per molti anni. Vedendo un risultato così gigantesco immaginiamo lo sforzo, a tutti livelli, che il film ha richiesto per la sua realizzazione. E’ indubbiamente difficile disegnare il personaggio di Gengis Khan. Chi è il Gengis Khan che lei ha portato sullo schermo?
Risponde Sergej Bodrov, regista del film:
’Il lavoro non è stato semplice. Si è trattato di un progetto molto grande, che nel tempo è diventato ancora più grande di quanto ci aspettavamo. Sono partito da una considerazione…Gengis Khan, in Occidente e in Russia, è considerato principalmente come un personaggio cattivo, completamente negativo. Era interessante osservare come invece in Asia venisse delineato come un eroe, una specie di semidio. Abbiamo deciso di raccontarlo come un uomo, e così abbiamo preso in considerazione principalmente il periodo dell’infanzia, per poter raccontare come diventa Gengis Khan, in conseguenza di quali esperienze, quali avvenimenti.’
Come ha ricostruito il personaggio di Gengis Khan? Quali sono state le sue fonti?
‘Le fonti sono poche. Per me era interessante partire dalle macchie bianche, le lacune che ci sono nella sua biografia. Era avvincente intuire cosa gli fosse accaduto in quei momenti oscuri, ricostruire, disegnarlo…’
Si è fatto un’idea del perché in Occidente la sua immagine sia solo negativa?
‘Credo che derivi dal fatto che le fonti occidentali e russe non sono riuscite mai a spiegare perché un piccolo esercito come quello mongolo sia riuscito a conquistare così tanti territori, così tanti paesi. In Russia si diceva che i Mongoli fossero dei diavoli, dei mostri aiutati da forze sovrannaturali. Ma in realtà Gengis Khan ha sempre vinto avendo a disposizione dei piccoli eserciti. In Asia invece Gengis Khan è noto come una persona giusta. Ad esempio, loro sanno che lui aveva proibito le torture…’
Nel suo film Gengis Khan è una figura interessante perché sembra un condottiero ‘illuminato’, avanti rispetto al suo tempo, che rompe certe convenzioni di crudeltà. Ricorda a tratti il ritratto che Oliver Stone fa di Alessandro Magno. In questo senso pensa che la novità che il Gengis Khan del film rappresenta possa rivolgersi anche alla situazione contemporanea?
‘Prima di tutto vorrei dire che vedo molte differenze tra il film di Oliver Stone e il mio. Io non volevo raccontare la storia di un condottiero, e infatti il film finisce proprio quando lui diventa Gengis Khan. Era interessante anche approfondire la storia d’amore, sconosciuta, tra Gengis Khan e Borte… ’
Per parlare delle riprese del fim, cosa c’è stato dietro? Avete girato 25 settimane in un Paese bellissimo ma molto difficile per una troupe cinematografica. Come è stata quest’esperienza?
‘Quando hai a che fare con un personaggio come Gengis Khan bisogna stare molto attenti. Ho fatto in modo di lavorare con persone sensibili quanto me a quest’argomento. Il design director, ad esempio, conosce bene i Mongoli e i vari aspetti della loro cultura. E’ stato lui a consigliarci di parlare con uno sciamano, per chiedergli il permesso di girare prima di iniziare le riprese. E’ stato un passo molto importante. In Mongolia, nonostante sia un paese buddista, gli sciamani sono ancora molto importanti. C’è anche chi dice che Gengis Khan stesso fosse in realtà uno sciamano molto potente.’
Avete avuto difficoltà con gli abitanti del luogo?
‘Un film così non può essere realizzato senza difficoltà, difficoltà che partono fin dalla produzione. Sono stato aiutato molto sia dalla trupe che dai tantissimi Mongoli e Kazaki che hanno lavorato con noi.’

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