Festa del cinema di Roma 2020 - Selezione ufficiale: Des nos frères blessés
Le condizioni di convivenza tra algerini e francesi erano molto tese nel 1956 e per questo molti abitanti di Algeri si organizzano per protestare contro le disparità sociali e economiche.
Tra di essi vi era Fernand Iveton, operaio comunista anticolonialista: si arruolò come ribelle e militante al FNL, aveva trent’anni quando piazzò una bomba nella sua fabbrica di Belcourt ad Algeri. Venne denunciato e arrestato prima che la bomba esplodesse. Non ci furono di conseguenza né morti né feriti, ma a quei tempi Iveton, unico algerino di origine europea, venne condannato a morte e ghigliottinato, nonostante molte prove fossero a favore, visto che le sue intenzioni erano quelle di avvertire il governo del dissenso non di causare morti.
Da questa storia vera è stato tratto Des nos frères blessés di Hélène Cisterne, ormai affermata regista parigina. A differenza di coloro che sostengono che il film si sia concentrato poco sulla Storia, dobbiamo rispettarne la coerenza narrativa, visto che è molto fedele all’omonimo romanzo di Joseph Andras (edito da Fazi) da cui è tratto, e quindi anche la sceneggiatura si sviluppa attorno agli eventi che lo scrittore aveva voluto sottolineare: la storia d’amore con la bella Hélène, interpretata da una meravigliosa Vicky Krieps e sui giorni del processo.
Iveton, un Vincent Lacoste in vero e proprio stato di grazia, viene raccontato, fedelmente come nel testo di base, nella parte più difficile della sua vicenda, ovvero quando realizza che tutto è perduto e che la felicità con il suo amore, sembrava solo un ricordo sbiadito e irripetibile.
È nella scelta registica di una cinematografia intimista, in cui le scene si concentrano molto nelle inquadrature degli sguardi, dei corpi dei due attori eccellenti nella loro complicità tra il drammatico e lo sturmeriano.
Seppur in numero più esiguo, non sono meno intense le parentesi in cui i personaggi ribelli vengono ritratti con un maturo realismo storico, fungendo da presagio allo strazio degli ultimi giorni: l’arresto, l’interrogatorio, la detenzione e il processo di Iveton, evoca anche l’infanzia nel suo paese, l’Algeria, e si sofferma sul suo incontro in Francia con Hélène, sottolineando il paradiso perduto, l’inesorabile violenza e la preannunciata fine.
Nel film di Hélène Cisterne la letteratura quindi fa da guida ad un cinema raffinato, ideologico ma senza eccedere, che preferisce concentrarsi sulle emozioni di una persona che come tutti ha amato e sperato in un’evoluzione della storia meno ingiusta e crudele e che diventerà sua moglie. L’estrema violenza delle ultime settimane della sua esistenza viene così messa in prospettiva con la felicità del passato, quasi a ricordare che Fernand Iveton è semplicemente un uomo che avrà amato e sperato.
(Dés nos frères bléssès) Regia: Hélier Cisterne; sceneggiatura: Katèll Quillevere; fotografia: Hachame Alaouie; montaggio: Lila Desiles; musica: Emil Sornin; interpreti: Vincent Lacoste, Vicky Krieps; produzione: Justin Taurand; origine: Francia; durata: 100’.