Le meilleur reste à venir - FESTA DEL CINEMA DI ROMA
Il sotto genere cinematografico in cui viene raccontata una storia di amicizia - in maggioranza maschile - viene definita buddy movie. Le meilleur reste à venir - letteralmente Il meglio deve ancora venire - per la regia di Alexandre de La Patellière e Matthieu Dellaporte fa parte della categoria del film amicale maschile: César e Arthur, rispettivamente Patrick Bruel e Fabrice Luchini, sono coetanei, amici dall’adolescenza in collegio, hanno vite assai differenti, quasi complementari. Nel prologo c’è già tutto: César a letto con una bella fanciulla straniera viene interrotto dalle forze dell’ordine che procedono a confiscare tutti i beni contenuti nel suo appartamento e nel garage, l’amata Saab, “l’unica cosa che mi ha lasciato mia madre”. Per scherzare l’uomo minaccia di buttarsi dalla finestra ma, come in ogni commedia che si rispetti, involontariamente lascia la presa e cade di schiena nel cortile a piano terra, fortunatamente su una aiuola, meno dura del cemento. Ferito e con la coda tra le gambe si presenta da Arthur per farsi medicare: l’amico, che ha lasciato la professione di dottore preferendo la ricerca, lo conduce al pronto soccorso a controllare costole vertebre e fratture possibili. César non ha neppure la tessera sanitaria e Arthur, su richiesta all’accettazione, alla fine fornisce la sua. La commedia degli equivoci ha inizio. La malattia è il tema che conduce avanti la vicenda, nel bene e nel male.
Ogni vita ha la possibilità di essere migliorata con poco e questo accade alle esistenze dei due amici, infelici ognuno a suo modo: passare insieme del tempo senza secondi fini, godersi la giornata, le piccole cose, i cibi prelibati, la tenerezza degli animali domestici, la semplicità della verità in cambio della difficoltà della finzione, questi semplici gesti rivoluzionano la quotidianità e accentuano il benessere di chiunque si avvicini loro. Ci sono padri da perdonare, ex mogli da affascinare, figlie da distrarre dalla noia dell’adolescenza, compagne di sventura da capire senza giudicare. Tanti elementi di identificazione per tutti: la vita, la morte, il coraggio, le scelte, la sofferenza, la paura. Alla fine del film, nonostante le innumerevoli risate, ci scappa pure la lacrimuccia.
Bella la gag col prete: César “Non mi chiami figlio mio, perché non ho un buon rapporto con mio padre”; prete “Va bene”; César “Non se la prenda se non la chiamo padre”; prete “Mi può chiamare Bernard, se preferisce”; César: “No: è il nome di mio padre”.
I dieci desideri prima di morire. Arthur: ritornare al collegio Sainte-Croix; dormire all’aperto; rileggere Proust; visitare la tomba di Albert Schweitzer; vincere il premio Nobel; andare sulla luna con mia figlia. César: nuotare con un delfino; accarezzare un koala e un elefante; fare l’amore sotto una cascata; fare l’amore con due gemelle; buttarsi col paracadute; guidare in una gara di Formula 1. Arthur controbatte: “Hai i sogni di un quindicenne”.
Scena buffa: per andare al collegio, ed esaudire un desiderio di Arthur, rubano dal deposito la Saab che hanno confiscato a César. Arthur “Sai cosa vuol dire Saab in svedese? Pisello”; César “Guidi il pisello di mia madre?”; Arthur: “Molto freudiano”.
Esemplare la dichiarazione di Virginie, la ex moglie, che quando ha lasciato Arthur, dopo 15 anni di matrimonio gli ha detto: “Ti amo ancora molto ma non abbastanza da sopportarti”. Un susseguirsi esilarante di battute: Arthur “Quando ho detto al mio terapeuta che avevo pensieri suicidi mi ha risposto che da quel momento avrei dovuto pagargli le sedute in anticipo”. Durante il litigio finale Arthur dichiara assertivo: “Io aspetto come un cagnolino e tu scappi come un coniglio”.
Una sceneggiatura che dosa perfettamente dramma e allegria, leggerezza e profondità, che tratteggia in maniera realistica le dinamiche - a tratti malsane più spesso coinvolgenti - di un’amicizia tra persone molto diverse eppure vicine nel volersi bene. La regia è lineare, il montaggio segue la trama senza effetti speciali, la musica accompagna fedelmente le scene. Una ottima esecuzione, una recitazione appassionata di caratteri dalle manie e dai vizi non distanti dagli attori che li rappresentano: anche quando Luchini e Bruel si lasciano prendere la mano è dovuto al personaggi che interpretano. Far commuovere facendo prevalentemente ridere, senza mai una traccia di volgarità, è una dote frequente nel cinema francese: bravi.
(Le meilleur reste à venir); Regia: Alexandre de La Patellière, Matthieu Dellaporte; sceneggiatura: Alexandre de La Patellière; fotografia: Guillaume Schiffman; montaggio: Célia Lafitedupont, Sarah Ternat; musica: Jérôme Rebotier; interpreti: Fabrice Luchini, Patrick Bruel, Martina García, Thierry Godard, Pascale Arbillot; produzione: Chapter 2; distribuzione: Lucky Red; origine: Francia, 2019; durata: 117’