Fragile - A ghost story

Fragile, presentato fuori concorso nella passata edizione del Festival di Venezia dallo stesso regista di Darkness, è un film horror mediocre che annoia molto e appassiona poco. Pur scopiazzando qua e là da The ring, uno degli horror migliori degli ultimi anni e da The kingdom, non riesce a raggiungere nessuno degli obiettivi di un film di questo genere: suspence, tensione, terrore. I film come Fragile hanno sostanzialmente due difetti (e di questa categoria fa parte, seppur in maniera minore, anche The exorcism of Emily Rose, ’legal-horror’ presentato anch’esso alla Mostra nella sezione Fuori Concorso): il primo è che in un film non può non succedere assolutamente niente per la prima ora e un quarto e scatenarsi l’inferno nel quarto d’ora finale. Il secondo difetto è che il binomio immagine terrificante-boato infernale (acuito dai volumi dell’Area Alice al limite della soglia del dolore), spaventa sì, ma è una tecnica ridicola e sinonimo di mancanza di idee. E di idee Balaguerò ne ha veramente poche.
La storia è quella di una ragazza (Calista Flockhart) che deve salvare dei bambini vittime dello spirito di una infermiera spaccaossa che dimora in un ospedale. La sceneggiatura mostra delle lacune notevoli, anche perché l’horror, genere di tutto rispetto, può avere sostanzialmente due linee di tendenza: o quella dello splatter più estremo e quindi non si ha bisogno di una storia che sia ’appassionante’ (ma in questo caso lo spettatore sa che sta per vedere un film ’easy’), oppure quella di trattare una storia avvincente in cui inserire eventualmente temi fantastico-soprannaturali o elementi di cinema di ’serie a’, in modo un po’ più approfondito e rigoroso dei film della prima categoria. Il lavoro del regista spagnolo invece, non facente parte di nessuna delle due categorie, si presenta appunto ’fragile’ come il titolo che porta, e prima di giungere al punto in cui si scopre la verità sulla terribile infermiera, mezza sala si è già addormentata, sinonimo questo non solo di una sceneggiatura sterile, ma anche di trovate registiche che non superano l’accademico boato, come già detto in precedenza. Ma ciò che irrita di più è il forzatissimo e lacrimevole lieto fine: la ragazza interpretata dalla Flockhart (che è bravina, ma come può da sola salvare il film?), seguendo in modo lineare lo svolgimento della storia dovrebbe morire, in quanto sostituta dell’infermiera assassina. E muore, sì, ma risorge grazie al bacio dello spirito di una bambina morta. Durante il finale due donne, inutili personaggi che spuntano ad un tratto nel film, si chiedono come sia possibile che la maledizione sia svanita e la risposta a cui arrivano è la seguente: "Non è possibile spiegare tutto". Noi non stiamo assistendo però ad un film di Joe D’Amato, in cui se qualcosa non viene spiegato razionalmente (o anche irrazionalmente) non ci importa poi così tanto, perché ne apprezziamo comunque il coraggio di aver creato un cinema estremo e a suo modo ’di nicchia’. Balaguerò invece viene indicato come uno dei più brillanti registi di cinema horror del momento, mentre noi ci auguriamo di tutto cuore che si tratti solamente di una delle tante mode passeggere che inquinano sia il ricordo dei vecchi classici, sia la voglia di andare a scoprire qualche nuovo autore di questo genere sempreverde, sicuramente più valido.
(Fragile); Regia: Jaume Balaguerò; sceneggiatura: Jaume Balaguerò, Jordi Galceràn; fotografia: Xavi Giménez; montaggio: Jaume Martì; musica: Roque Banos; interpreti: Calista Flockhart (Amy), Yasmin Murphy (Maggie), Elena Anaya (Helen), Gemma Jones (Sig.ra Folder), Richard Roxburgh (Robert); produzione: Julio Fernandez per Castelao Producciones S.A.; distribuzione: Nexo; origine: Spagna, 2005; durata: 100’
