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Frank Ghery - creatore di sogni

Pubblicato il 30 marzo 2007 da Giampiero Francesca


Frank Ghery - creatore di sogni

Una massa informe, prodotto di fusione fra materiali plastici, un groviglio di linee, curve, spezzate, senz’apparente ritmo o armonia. Agl’occhi di una mente normale tutto questo è solo caos, ma davanti ad un genio è il punto di partenza di un progetto, di una casa, di un museo. Questo è Frank Gehry, un genio.

Sydney Pollack approda, a oltre quarantacinque anni dal suo esordio, al documentario. Scettico, per sua ammissione, all’idea di realizzare un film biografico su un mondo, l’architettura, a lui completamente estraneo si lasciò convincere solo dalla genialità del soggetto in questione, Frank Ghery. Dall’incontro fra due menti sublimi nasce così un racconto che travalica le anguste mura dell’architettura, così come Ghery distrugge e rivoluziona le rigide regole della sua arte. Quello fra Pollack e Ghery più che un documentario sull’opera di un grande architetto è un dialogo sul senso stesso del termine Arte, i suoi mille volti e sfaccettature, il suo significato più intimo. Compito apparentemente improbo, soprattutto se si considera la breve durata della pellicola, ma reso semplicissimo dall’esistenza stessa dei due maestri. Sono infatti le loro opere, le architetture sghembe eppur eleganti, le inquadrature canoniche eppur raffinate, i giochi di luce, di colori, di forme il miglior veicolo di quello che per Pollack e Ghery è Arte. Arte, attività umana volta a creare opere a cui si riconosce un senso estetico. Arte, la capacità di plasmare composizioni in grado di emozionare. E’ in questa chiave che Frank Ghery ammette di invidiare i pittori, artefici di un’arte, per usare le parole di Pollack, “pura”. Lavorare davanti alla tela vuota, solo, scrivere su un foglio completamente bianco completa e rende “puro” il ruolo dell’artista. L’architettura, così come il cinema, necessitano di staff, di gruppi di lavoro che privano, secondo i due maestri, l’arte di quell’aura di purezza e unicità proprie della pittura, della scultura e della scrittura. Come è lontano il concetto di autore godardiano solo davanti al foglio bianco. Nel suo continuo lavoro di innovazione e ricerca Ghery si sforza dunque di superare il limite imposto all’architettura di Arte al servizio di un scopo, restituendo alle sue opere un significato pieno, proprio.

Pollack si specchia in questo modo in Ghery trasmettendo questo riflesso attraverso la sua continua presenza nella pellicola. I primi piani del regista, i suoi dialoghi con il soggetto narrato si mescolano in egual misura con le immagini del Guggenheim di Bilbao o gli interventi di Dennis Hopper (la cui casa è stata progettata da Ghery) e dello staff dell’architetto. I due maestri si confrontano, scoprendo, nel loro creare con le luci, con le immagini, con i piani, la vicinanza fra due Arti, impure, ma per questo ancor più interessanti e complesse.

Il viaggio di Pollack nella mente di Ghery ci trascina nel folle processo di una mente creativa. Emozionarsi seguendo le linee sghembe eppur eleganti di questa follia è un privilegio da non perdere.



Giampiero Francesca

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