Venezia 75 - Frères ennemis - Concorso
In teoria un poliziesco dovrebbe essere, per sua natura, troppo legato a stilemi di genere per guadagnarsi un posto nella sezione competitiva di un festival come quello di Venezia. E, in effetti, anche se solo in parte, Frères ennemis, il film diretto da David Oelhoffen, lo è, ma solo per ciò che concerne l’idea alla base della storia, che si fonda come al solito su una contrapposizione dualistica tra un poliziotto stakanovista, Driss, e due rapinatori e spacciatori professionisti, Imrane e Manuel.
Fin qui potrebbe sembrare una sceneggiatura come tante, se non fosse che tutti e tre i protagonisti, di etnia marocchina, sono legati da un fil rouge che sconvolge profondamente le loro esistenze così lontane e così vicine: sono cresciuti assieme, nello stesso quartiere, nelle stesse case della periferia parigina, a maggioranza araba, dove tutto assume le sembianze di una vita parallela rispetto a quella borghesissima della città più elegante d’Europa.
Driss, oramai integerrimo componente della narcotici, ha assoldato Imrane e lo fa lavorare sotto copertura, al fine di smantellare i traffici di droga che provengono dal Marocco, ma in verità già dall’inizio subodoriamo la vera motivazione, ovvero volontà salvifica ma non ne siamo certi...
Durante un’operazione organizzata allo scopo di incastrare Reyes, un pesce grosso della mala, Imrane altri 2 componenti della banda vengono uccisi davanti agli occhi increduli di Manuel che riesce miracolosamente a fuggire.
Da questo momento in poi Matthias Schoenaerts incarna divinamente, il duro, il delinquente sbandato dal cuore d’oro, ruolo che finora gli ha fatto catturare l’attenzione del cinema internazionale, nonché di Hollywood.
Oltre ad avere un “physique du role” a dir poco perfetto l’attore belga dimostra di saper portare avanti un personaggio che sarebbe potuto scadere nello stereotipo, invece lo possiede senza mai perdere un colpo.
Il film procede apparentemente con lentezza rispetto allo sviluppo degli eventi e delle indagini e sembrerebbe una storia già vista, eppure non si riesce a staccare nemmeno un secondo gli occhi dallo schermo.
Le tematiche affrontate sono molto profonde e il regista vuole sottolineare sopratutto i concetti di fedeltà e tradimento nella vita di uomini, che si trovano spesso a dover scegliere tra i loro interessi più beceri e coloro a cui sono legati nella maniera più viscerale.
Nonostante la vita lo abbia portato a delle scelte opposte, Driss, interpretato un ottimo Reda Kateb, è indissolubilmente legato al passato, che riporta continuamente nel presente attraverso il lavoro nella narcotici, tanto da dichiarare di avere scelto questo settore “ perché era il luogo dove la sua faccia fosse più credibile”.
Una faccia che artisticamente risulta cucita alla perfezione per un ruolo di un poliziotto che testimonia attraverso la fisionomia chi è stato e da dove proviene, come se si trattasse di un marchio di fabbrica.
È questa identità mai abbandonata il fulcro di tutto il film di Oelhoffen che ci trascina in un vortice di azione e di buoni sentimenti, ma non “buonisti”.
(Frères ennemis) Regia: David Oelhoffen ; sceneggiatura: (Jeanne Aptekman), (David Oelhoffen); fotografia: Guillaume Deffontaines; montaggio: Anne-Sophie Bionne; musica: Julian Roig ; interpreti: (Matthias Schoenaerts), (Reda Kateb), (Adel Bencherif); produzione: One World Films distribuzione: Bac Films; origine: Belgio, Francia ; durata: 111’