X

Su questo sito utilizziamo cookie tecnici e, previo tuo consenso, cookie di profilazione, nostri e di terze parti, per proporti pubblicit‡ in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di pi˘ o prestare il consenso solo ad alcuni utilizzi clicca qui. Chiudendo questo banner, invece, presti il consenso allíuso di tutti i cookie



Venezia 75 - The Nightingale - Concorso

Pubblicato il 7 settembre 2018 da Fabiana Sargentini

VOTO:

Venezia 75 - The Nightingale - Concorso

The nightingale di Jennifer Kent, unica regista donna in concorso alla settancinquesima mostra del cinema di Venezia, insieme ad altri ventuno registi uomini, è un film violento, per stomaci forti, compiaciuto e spesso non confortevole per lo spettatore. Nella prima mezz’ora, sulle due e sedici totali, avvengono tre stupri, tutti sulla stessa donna, Clare (Aisling Franciosi), detenuta irlandese che fa la domestica presso un ufficiale britannico in Tasmania durante la colonizzazione (con conseguente brutale sterminio degli aborigeni) dell’Australia nel 1825. Tolte una parte iniziale e una parte finale ambientata in paesini con distaccamenti militari, la vicenda si svolge interamente nella giungla, tra versi animali mai ascoltati, tribù indigene mezze nude armate di lance, bianchi incrudeliti pronti a togliere la vita per un nonnulla. Trattasi di una classica storia di vendetta personale quando non si pensa esistano altre alternative che mettersi in gioco. Per farsi accompagnare nel mezzo del nulla Clare trova una guida aborigena, Billy (Bayakali Ganambarr), anche lui traumatizzato da un passato di violenza. Un maschilismo prepotente e assassino si unisce a un profondo razzismo, ignoranza, pregiudizi: un mondo dove nessuno vorrebbe vivere. Sul finale Clare dichiara al suo stupratore: “non si uccide qualcuno che è già morto”. Il viaggio attraverso la foresta è durissimo e foriero di incontri rischiosi: gretti e infoiati lavoranti alla strada che non vedono una donna da chissà quanto, pericolosi misteriosi animali, valichi impossibili, difficoltà di reperire nutrimento. Billy ha il potere drammaturgico di sdrammatizzare la tensione, intessendo gradualmente con la protagonista un rapporto di amicizia: quando, ad un certo punto, diventano pari nell’odio nei confronti dell’ufficiale, saranno finalmente compari nella sete di vendetta. Orrori sempre più efferati (tra cui plurimi omicidi su infanti) non danno tregua allo spettatore che viene preso a pugni dalle immagini sullo schermo quanto o più dei personaggi della storia. Punizione, redenzione impossibile, giustizialismo individuale trovano adeguato e consolatorio conforto in un finale che scarta leggermente di lato, evitando l’ovvio per un pelo. Regia fedele al genere di vicenda narrata, ambientata nel passato ma girata come fosse un film horror (con parentesi altamente splatter). L’usignolo del titolo è Clare, dalla voce angelica e dalla rabbia di una Erinni. Il bel Sam Clafin, volto dai lineamenti perfetti e dall’aria da bravo ragazzo, incarna il male: scelta sorprendente ma riuscita perché il trentaduenne attore inglese riesce perfettamente a trasformarsi in un mostro senza cuore, senz’anima, senza morale. Riconoscere un tocco femminile in questi film si rivela impresa più ardua di quella intrapresa dai protagonisti.


CAST & CREDITS

(The nighitngale); Regia: Jennifer Kent; sceneggiatura: Jennifer Kent; fotografia: Radek Ladczuk; montaggio: Simon Njoo; musica: Jed Kurzel; interpreti: Aisling Franciosi, Sam Clafin, Bayakali Ganambarr, Damon Herriman; produzione: Causeway Films, Made Up Stories, Jennifer Kent; origine: Australia, 2018; durata: 136’


Enregistrer au format PDF