Fritz Bauer/Death by Instalments - Berlino 2010 - Panorama

Nulla dice allo spettatore italiano il nome di Fritz Bauer, e chissà a quello tedesco delle generazioni più giovani. Eppure è stato un personaggio fondamentale nella storia della Germania del dopoguerra e la sua opera avrebbe meritato una maggiore conoscenza anche nel resto del mondo, perchè la Shoah appartiene alla memoria di tutti.
Fritz Bauer infatti è stato un giudice, anzi il giudice della coscienza tedesca che si credeva ormai al riparo dopo sommari processi di denazificazione compiuti dagli alleati. Ebreo, grande studioso di teologia, emigrato in Danimarca durante il Terzo Reich ma deciso a tornare nel paese che lo avrebbe mandato a morire nelle camere a gas proprio perchè la mostruosità del nazismo non si ripetesse mai più, il suo nome è legato in particolare a tre eventi che hanno contribuito in maniera fondamentale a mutare il rapporto della Germania con la sua storia recente. Nel 1952/53 è stato il protagonista di un processo che ha portato alla riabilitazione degli autori dell’attentato a Hitler del 1940, fino ad allora considerati traditori secondo la legge militare. Nel 1962/65 è stato l’artefice dello “Auschwitz-Prozess”, tenutosi a Francoforte, in cui per la prima volta dopo Norimberga comparivano alla sbarra personaggi responsabili di efferati crimini nazisti, di cui sussitevano comprovati documenti. Grazie a lui, inoltre, cosa di cui non si è mai parlato, è stato arrestato e processato in Israele Adolf Eichmann nel 1961.
In ognuno di questi casi, il giudice più che punire gli autori dei crimini ha voluto soprattutto sottolineare l’importanza della responsabilità individuale. Pur instancabile nel ribadire le sue motivazioni etiche (e citando continuamente il primo articolo della costituzione tedesca secondo cui “la dignità di ogni cittadino è inviolabile”), Bauer si è sempre mosso nel suo lavoro sul piano eminentemente giuridico, per smontare prima di tutto tecnicamente l’atteggiamento autoassolutorio della nazione dal 1945 in poi, guadagnandosi in tal modo una schiera impressionante di nemici e di minacce.
Come si fa infatti a processare un’intera nazione? Molto prima di I volenterosi carnefici di Hitler di Daniel Jonah Godhagen che parecchio ha fatto discutere quando è uscito nel 1996, Bauer aveva ben sottolineato come la mostruosa macchina del nazismo non avrebbe potuto funzionare senza il contributo più o meno entusiastico di milioni di persone, che se la sono poi cavata con l’alibi dell’obbedire agli ordini. Alibi dietro cui si nascondevano in realtà entusiastica adesione, opportunismo e forse soprattutto un atteggiamento mentale le cui concause Bauer rintraccia nell’educazione autoritaria che ha schiacciato la sua generazione, inculcandole il rispetto cieco per le regole, per quanto mostruose esse fossero. Bauer pensava invece che si potesse processare un’intera nazione, o almeno processare la sua coscienza collettiva, ricordando che prima di tutto esiste il libero arbitrio e soprattutto come nell’organigramma del potere della Germania Ovest si trovassero parecchi personaggi che avevano avuto grandi responsabilità sotto il Terzo Reich, persino uno dei più stretti collaboratori di Konrad Adenauer.
Avvalendosi dello scarso materiale d’archivio su Bauer, integrato con cinegiornali e trasmissioni televisive, e soprattutto con innumerevoli testimonianze di parenti, amici e collaboratori di Bauer, giornalisti e scrittori, la regista di origine polacca Ilona Ziok ha realizzato un documentario corposo, intenso, non facile da seguire non solo per chi non conosce tutti i dettagli della recente storia tedesca ma anche per chi non ha dimestichezza con i cavilli giuridici, e tuttavia estremamente appassionante.
Emerge il ritratto di un uomo eccezionale, instancabile nel perseguire il bene e la giustizia, in vita tanto odiato dalla sua generazione quanto apprezzato da quei giovani che stavano per accendere la miccia del ’68, anche quelli che, per dirla con Fassbinder, “non lanciavano bombe, ma facevano film”. Non a caso Bauer compare proprio nelle vesti di un giudice in Abschied von Gestern di Alexander Kluge.
Fritz Bauer è morto in circostanze ancora non del tutto chiare nel giugno del 1968, senza che sul suo cadavere sia stata eseguita un’autopsia e non ha mai ricevuto una singola onorificenza dallo stato tedesco.
(Fritz Bauer/Death by Instalments) Regia: Ilona Ziok; Sceneggiatura: Ilona Ziok; Fotografia: Jacek Blawut; Montaggio: Pawel Kocambasi, Ilona Ziok; Produzione: CV Filmproduktions GmbH; Origine: Germania 2010; Durata: 110’
