Funny People

Il cinema di Judd Apatow è sempre stato popolato da "funny people", da quei buffoni di corte corrosivi e dissacranti che la società americana continua a designare come loser. E le sue pellicole sono esattamente come i suoi protagonisti: debordanti, verbose, volgari e politicamente scorrette ma anche liberatorie e in un certo senso anarchiche nel proporre un’alternativa legittima all’american way of life, cui, certo, la crisi economica ha assestato un colpo quasi letale, ma che vive ancora di mercato e produzione. A questa logica capitalista e consumista si ribellano i personaggi scioperati di Apatow, in mutande fino a mezzogiorno, computer dipendenti e vagamente erotomani, riuniti in piccole conventicole che fanno fronte comune dinanzi a un mondo che corre incessantemente, perso nei suoi ritmi nevrotici.
Funny People – terza regia di Apatow – porta a compimento una poetica già enunciata in 40 anni vergine e Molto incinta, e vi aggiunge una forte componente autobiografica, che rivisita i ricordi degli anni di gavetta dello stesso autore, affidandosi alla coppia Seth Rogen-Adam Sandler per far rivivere il rapporto di amicizia che ha legato proprio Apatow e Sandler durante il college e le prime serate nei cabaret.
E allora ecco che il film si apre sugli esilaranti scherzi telefonici fatti dal talentuoso comico, filmati amatoriali e privati che si inseriscono nel tessuto del racconto, in un clima intimo da buddie-movie, che celebra con emozione quell’amicizia virile, fatta di imbarazzate pacche sulle spalle e bizzarri codici d’onore.
Un legame umano che riesce a mettere da parte invidie e prepotenze contando su un’ironia capace di far franare anche ostacoli insormontabili come la malattia o la morte.
Gli amici per contratto Ira (Rogen) e George (Sandler) – quest’ultimo, comico affermato che si scopre affetto da un male difficilmente curabile, nota durante uno spettacolo comico il giovane Ira e gli offre di lavorare per lui – affronta la questa zona buia dell’esistenza, la trafila dei medici, bersagliati di battute a raffica per l’accento germanico da “torturatore di James Bond” o “terrorista di Die Hard”, i vecchi amori e la solitudine che incombe dietro al successo proprio grazie a questa ironia dissacrante, che fa cadere gli idoli e smantella le istituzioni: tutta la seconda parte è un compendio di gag che minano la vita matrimoniale, secondo un filone già avviato nella pellicola precedente, con Eric Bana nei panni del marito incompreso lì affidato a Paul Rudd.
Ed è un’ironia, poi replicata dal gruppo di fedelissimi di Rogen in cui spicca il “wesandersoniano” Jason Schwartzman nei panni di un attore di sitcom (che pare strizzare l’occhio al metalinguaggio di Entourage…), di cui l’America sembra aver davvero bisogno.
Allora non è probabilmente un caso che Apatow sia stato eletto in patria come il nuovo re della commedia e che l’America abbia imparato ad amarlo, proprio fa come la bella, bionda, perfetta americana Katherine Heigl con il goffo Seth Rogen in Molto incinta. Un’America sotto stress che impara a ridere delle sue disgrazie, delle sue imperfezioni e anche ad amare questi suoi figli nerd e se stessa.
Conscio del successo riscosso, anche in veste di produttore, Apatow raccoglie qui le idee e si concede il film della maturità. Un addio “malincomico” – forse, chissà – a quella giovinezza sfaticata e alla voglia di emergere che il successo allontana irrimediabilmente, esplicitata nel ruolo comunque crepuscolare, dietro le battute taglienti, di Sandler che, specialmente nella prima sezione della pellicola, riesce a dare corpo a un personaggio immalinconito e toccante, sul viale del tramonto dopo la grande affermazione presso il pubblico.
Che sia o no un modo per esorcizzare la morte (artistica) e mantenere vivo il fuoco degli esordi (celebrando anche il mondo della comicità da club con una serie infinita di cammei di lusso,da Paul Reiser a Sarah Silverman) Funny People possiede il respiro ampio di una commedia classica – come dimostra quel carrello che nel finale si allontana e sin innalza pian piano, lasciando i due protagonisti alla propria ritrovata amicizia – e lo spirito complice e divertito di una factory che sa ancora ridere delle proprie battute.
Menzione negativa obbligatoria per il doppiaggio italiano: certo il compito era decisamente arduo dati i molteplici giochi di parole e la velocità dei dialoghi, ma l’edizione italiana massacra il film e l’ironia si perde quasi del tutto nelle voci televisive e ripetutamente sentite dei doppiatori.
(id.); Regia e sceneggiatura: Judd Apatow; fotografia: Janusz Kaminski; montaggio: Craig Alpert, Brent White musica:Michael Andrews, Jason Schwartzman ; interpreti: Adam Sandler (George Simmons), Seth Rogen (Ira Wright), Leslie Mann (Laura), Erica Bana (Clarke) Jonah Hill (Leo) Jason Schwartzman (Mark) Aubrey Plaza (Daisy); produzione: Apatow Productions, Columbia Pictures, Mr. Madison Productions, Universal Pictures ; distribuzione: Universal Pictures Italia; origine: Usa 2009; durata: 146’
