G.I.JOE - La nascita dei Cobra

Era il 1964 quando la Hasbro lanciava sul mercato dei pupazzetti di plastica di una grandezza di circa trenta centimetri. Era la nascita delle action figures. Era la nascita dei G.I. Joe. Da allora, passando per la rivoluzione estetica dei primi anni ’80 (la misura dei pupazzetti viene drasticamente ridotta a sette centimetri ed inizia ad essere trasmessa una fortunata serie televisiva animata in concomitanza con l’uscita di svariati albi a fumetto), la popolarità di questi eroi militari, incarnazione assolutamente retorica dell’eroismo, del patriottismo e del rigore americano, non ha conosciuto pausa. Da qui l’idea, venuta in primis a Lorenzo di Bonaventura, uno dei produttori, di iniziare a pensare ad una possibile trasposizione cinematografica.
Il risultato di cinque anni di studi, commerciali ancora prima che contenutistici (analizzando il successo di prodotti quali Transformers), è questo G. I. Joe – La nascita dei cobra, firmato da Stephen Sommers, regista dallo scarso talento narrativo ma dalla buona attitudine all’azione ed alla spettacolarità. Non chiedendo all’autore nulla di più di quanto già fatto per La Mummia e La Mummia – il ritorno, i produttori si assicurano una pellicola ricca di effetti speciali, dominata da una continua tensione visiva, divertente proprio per la sua assoluta ed onesta mancanza di presunzione.
Rispetto ai due film precedenti, Sommers compie un passo avanti, lanciandosi in una narrazione che, pur non esente da inspiegabili ed ingenui black-out (ancora non si riesce a capire come una base militare, dalla straordinaria eccellenza tecnica e tecnologica, possa essere letteralmente trapanata da talpe giganti senza scatenare alcun allarme), riesce a garantire una forma innocua ma godibile di intrattenimento. Pervasi da un prevedibile machismo i dialoghi tra i personaggi risultano convincenti e scanzonati, anche davanti la terribile minaccia che è loro primo dovere fronteggiare. Da Duke a Ripcord, senza tralasciare Snake Eyes, Scarlett, la Baronessa e tutti gli altri componenti o antagonisti della squadra, i caratteri sono bene approfonditi e accattivanti. Visti nel loro insieme garantiscono un equilibrato mix di spensieratezza, drammaticità, eroismo e, immancabile, sentimentalismo. Mix che sta alla base di qualsiasi processo di fidelizzazione, fondamentale per un film che si propone come primo capitolo di una nuova saga, e di immedesimazione, qualità imprescindibile per chi si rivolge ad un pubblico in larga maggioranza di adolescenti.
Il cosiddetto “stile Sommers” (narra una leggenda che così sia identificato, dai suoi più stretti collaboratori, il suo modo di fare cinema), fatto di una spasmodica ed accurata ricerca di spettacolarità, attenzione per il dettaglio e per la tensione narrativa (come detto, quest’ultima non sempre raggiunta) progredisce grazie a G. I. Joe – La nascita dei cobra, aiutato probabilmente anche dalla sceneggiatura di Stuart Beattie (già autore del bellissimo Collateral di Michael Mann) in collaborazione con Paul Lovett e David Elliot.
Il film, infatti, di certo da non considerare come una operazione autoriale, ma come ennesimo blockbuster, assolve il suo compito. Trascina lo spettatore, lo coinvolge e gli serve un finale buonista ma non troppo, garantendosi, anzi annunciando, l’immancabile seguito. Il successo in sala è garantito.
(G.I. Joe: The rise of Cobra); Regia: Stephen Sommers; soggetto: Michael Gordon, Stuart Beattie, Sthephen Sommers; sceneggiatura: Stuart Beattie, Paul Lovett, David Elliot; fotografia: Mitchell Amundsen; montaggio: Bob Ducsay, Jim May; interpreti: Sienna Miller (Ana / Baronessa), Christopher Ecclestone (McCullen/Destro), Jospeh Gordon-Levitt (Rex), Ray Park (Snake Eyes), Dennis Quaid (Generale Hawk); Channing Tatum (Duke), Marlon Wayans (Ripcord) ; produzione: Prime Directive, Paramount Pictures, Angry Films, Di Bonaventura Pictures; distribuzione: Universal; origine: USA, 2009; durata: 118’; webinfo: Sito ufficiale
