GABRIELLE
Nella lussuosissima casa di Gabrielle tutto funziona alla perfezione, dalla servitù agli ospiti del giovedì sempre ben accolti, dal lavoro del marito di Gabrielle costellato di successi sembrerebbe che nulla possa cambiare quest’esistenza. Ma dopo dieci anni di convivenza qualcosa s’inceppa e i personaggi sullo schermo diventano anonimi, incompresi, cominciano a dialogare in maniera incessante inquadrati in primi piani asfissianti dove le parole non raccontano altro che un fallimento, quello interiore, il fallimento di un amore forse mai esistito. Non ci sorprende la sceneggiatura, tantomeno la location del film interamente girato tra le mura di una casa lussuosissima. Il regista Patrice Chéreau infatti conosciuto al pubblico per il film La regina Margot è cresciuto artisticamente con il teatro. Ed è proprio questa l’impressione che si ha guardando il film. I primi piani incessanti e i rapidissimi movimenti della macchina da presa sembrano quasi una simulazione dello sguardo attento dello spettatore a teatro che attraversa il palco da un lato all’altro per cogliere ogni espressione dell’attore che recita. E ancora teatrale, brechtiano si potrebbe dire, l’uso di “cartelli”, di scritte enormi che campeggiano sullo schermo interrompendo la scena a sostituzione delle battute. “Cartelli” che potrebbero però far pensare anche ad un film muto evidenziando così l’incomunicabilità dei due personaggi sempre e soltanto concentrati sulle loro interiori sensazioni. Gabrielle interpretata da una bravissima Isabelle Huppert sembra voler ritrovare se stessa, ma i suoi dialoghi la denotano come un personaggio incapace di confrontarsi, le sue parole sembrano sempre rivolte ad uno specchio, come nei monologhi che ha con una delle cameriere. Pascal Greggory nei panni del marito invece è l’incarnazione della possessività, dell’ira e dell’intolleranza, è colui che non riesce mai a parlare di sentimenti se non quelli che lo riportano al suo dolore di uomo abbandonato. Un film particolare che scade nel finale quasi paradossale, forzato, dove il gesto del marito di Gabrielle non riesce ad integrarsi con la personalità espletata lungo l’arco della storia. Una scena finale che però nella sua assurdità potrebbe chiudere il cerchio di una storia priva di un senso concreto. Quella di Gabrielle è una vita borghese fatta di apparenze, di finta comunicazione, di morale e per citare la battuta di un’habituè del salotto di Gabrielle “i volti mascherati sono ricoperti di vernice che poi si sgretola e cade...”
[Settembre 2005]
(Gabrielle) Regia: Patrice Chéreau sceneggiatura: Anne-Louise Trividic, Patrice Chéreau fotografia: Eric Gautier interpreti: Isabelle Huppert, Pascal Greggory produzione: Patrice Chéreau distribuzione italiana: Mikado Film