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Galantuomini

Pubblicato il 21 novembre 2008 da Edoardo Zaccagnini


Galantuomini

Tra problemi, sogni e speranze, una cosa la possiamo dire: al cinema italiano, sempre degente e qualche volta decente, l’idea di ficcare il naso negli affari sporchissimi del nostro paese, continua a dare un certo gusto. Perchè anche da questa terza "Roma" di passerelle, divi e divetti, belle gonne e tappeti rossi (per un saluto al popolo ed un minuto di popolare celebrità), riesce a partire un viaggio in Italia scomodo e indagatore. Quasi un last minute, viste le già compiute discese in schermo degli altri concorrenti: Tognazzi, De Sica, Vicari, Rovere e Manfredonia.
Il cinema italiano riassapora il gusto amaro di un cammino verso Sud, che spara luce in faccia ad un’Italia barbara e criminale. Stavolta è acre e salentina, senza pizzica, serate estive e prodotti regionali. Negli occhi utili che il cinema italiano sta riprovando a mantenere aperti, irrompe Winspeare coi suoi Galantuomini leccesi, e irrobustisce, di onesto, sano e (per lunga parte) benvenuto cinema, lo sforzo già compiuto dall’indipendente, piccolissimo, selvatico, disordinato, scomposto Fine pena Mai. Quel film, uscito (poco e male) nell’inverno scorso, segnava il quasi esordio alla regia di Lorenzo Conte e Davide Barletti, che qualcuno ricorderà sotto la sigla Fluid Video Crew rammentando, anche, e con relativo piacere, il loro Italian Sud Est). Fine pena mai omaggiava il gangster movie americano di Scarface e Quei bravi ragazzi ma, attraverso la biografia dell’ergastolano Antonio Perrone, riusciva a costruire un primo, piuttosto Naif, ritratto della criminalità organizzata salentina. Lo stesso, con più forza e qualità, fa Galantuomini, e sembra essere appena nato un cinema sulla sacra corona unita: associazione mafiosa che sconvolge, a colpi droga, controllo ed uccisioni, le terre d’ulivi, muretti a secco e pietra bianca pugliese. Pare esistere, dopo anni di mafiamovie siciliano e di qualche perla camorristica (La sfida, Il camorrista, Gomorra), un cinema sulla mala pugliese.
La notizia, di per sè, è positiva. Perchè se c’è un cantiere malavitoso, inquinante e sanguinario, allora va bene, benissimo, che un cinema (si spera civile, maturo e impavido) corra sul posto a certificare, smuovere il sasso e tirare un grido di allarme e denuncia. Se poi la vicenda è inquadrata con i toni e i tempi giusti, come fa, finchè ne ha forza, Galantuomini di Winspeare, l’operazione è due volte vantaggiosa: un buon film ed un racconto sociale, per spostare il cinema italiano dalle relazioni amorosi che addolciscono le domeniche pomeriggio degli italiani medi. Ma le storie d’amore, come ricorda una vecchia canzone, non finiscono mai, ed ogni tanto gli piace piazzarsi davanti alla macchina da presa e tappare gli occhi ai film. Toglieremmo volentieri lparte delle tentazioni del dottor Gifuni, allora, a questo quasi bellissimo film, e porteremmo via anche alcuni momenti dell’improbabile passione amorosa di Donatella Finocchiaro per il suo nemico magistrato, se potessimo. Perchè tutti e due gli attori, che saranno pure bravi a recitare (e in questo film lo sono molto più di altre volte), contribuiscono a nascondere una verticalità delle articolazioni contemporanee del territorio, e quando si mettono a rincorrersi, baciarsi e fare l’amore tutta la notte, la sacra corona unita se ne è bella che scappata per la boscaglia, come un animale selvatico, felinamente coi suoi kalashnikov e i fuoristrada scuri.
Il melodramma invade gli spazi pubblici inquadrati dal film e non riesce a mantenersi del tutto in equilibrio con lo sfondo storico del film. Se fosse accaduto questo, allora il film sarebbe un capolavoro. E invece non è così, o almeno non lo è del tutto, anche se il finale è di grande valenza cinematografica.
E poi, a volerci vedere un pò di marcio, la strana coppia magistrato/malavitosa, buono/cattiva, Gifuni/Finocchiaro, l’avevamo già incontrata (poco più di un anno fa) nell’evanescente film di Andrea Porporati Il dolce e l’amaro. Quel film non ci era piaciuto ma non penseremmo mai che Edoardo Winspeare, tra l’altro interessantissimo, discreto e leggermente defilato, autore italiano contemporaneo, abbia preso minimamente in considerazione quel modello. Ma almeno, caspita, un pizzico più di fantasia in più..
La Sacra corona unita è comunque avvertita: il cinema italiano bazzica da quelle parti. Stavolta ha preferito appoggiarsi sul problema e concentrarsi su un film, forte in qualità, di sentimenti e passioni umane. La prossima volta potrebbe esserci più impegno civile.


CAST & CREDITS

(Galantuomini); Regia: Edoardo Winspeare, sceneggiatura: Alessandro Piva, Alessandro Valenti, Edoardo Winspeare, fotografia: Paolo Carnera; montaggio: Luca Benedetti; musica: Gabriele Rampino; interpreti: Donatella Finocchiaro (Lucia), Fabrizio Gifuni (Ignazio), Gioia Spaziani (Laura), Giuseppe Fiorello (Infantino), Giorgio Colangeli (Carmine Za’), Marcello Prayer (Barabba), Lamberto Probo (Fabio); produzione: Rai cinema; distribuzione: 01 distribution; origine: Italia, 2008


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