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George Harrison - Living in the Material World

Pubblicato il 18 aprile 2012 da Giovanna Branca
VOTO:


George Harrison - Living in the Material World

All Things Must Pass è il titolo di una delle canzoni di George Harrison. Registrata e provata in studio con gli altri Beatles già ai tempi di Sgt. Peppers, non finì mai su un disco dei Fab Four, ma diede il titolo al primo album da solista di Harrison. Titolo assai significativo allora, come lo è oggi, se si pensa che la canzone inaugurò il periodo immediatamente successivo alla fine dei Beatles. Secondo l’involontariamente esilarante commento fatto allora da un giornalista inglese, “forse l’inizio del declino dell’Impero Britannico”.
Il documentario di Martin Scorsese sul più giovane dei quattro di Liverpool – George Harrison - Living in the Material World – segue quello su Dylan e il film-concerto sui Rolling Stones, mentre da tempo il regista di New York ha annunciato che intende continuare la strada del documentario musicale occupandosi anche di Bob Marley. A differenza di No Direction Home, però, non viene esaminato un periodo limitato e significativo della vita dell’artista (d’altronde Bob Dylan è ancora in vita) ma tutta l’esistenza di Harrison, dall’incontro con Lennon & McCartney alla morte per cancro 10 anni esatti fa. Con l’eleganza cinematografica che lo contraddistingue, Scorsese contestualizza la nascita del musicista, il suo ingresso nel mondo, senza didascalie o testimonianze esplicative: un bambino viene battezzato con rito cattolico, in Inghilterra le folle festeggiano nelle strade distrutte dai bombardamenti. E’ appena finita la seconda guerra mondiale, George ha appena due anni. Ci sono molti narratori d’eccellenza nel suo film: dai compagni di band Paul McCartney e Ringo Starr ai musicisti che gli furono amici per tutta la vita Eric Clapton, Tom Petty e molti altri; fino alle notevoli amicizie fuori dall’ambito musicale come Terry Gilliam e Eric Idle.
II lavoro monumentale di Scorsese, che dura quasi 4 ore, è suddiviso in due parti che trattano la vita di Harrison come membro dei Beatles ed in seguito come uomo e artista solista (ad eccezione della breve parentesi dei Traveling Wilburys). Fondato, oltre che sulle interviste, su un incredibile recupero di materiale di repertorio e anche inedito, Living in the Material World è una pietra miliare per qualsiasi appassionato di musica, un’esperienza quasi sentimentale per i fan dei Beatles, ma anche un ottimo modo per accostarsi per la prima volta al lavoro di Harrison. L’accento è posto su quella che è stata la costante della sua vita: la ricerca di una trascendenza spirituale dal mondo materiale, fatta attraverso un avvicinamento sempre più intenso al misticismo indiano, e contemporaneamente l’impossibilità di essere impermeabile al mondo terreno (il mondo materiale del titolo del film e di un album dello stesso Harrison) di cui amava la musica, le donne, gli amici e presumibilmente cose ancor più terrene, dato che si ingegnò tutta la vita per poter evadere il fisco.
Gli aneddoti leggendari abbondano: dalla genesi di alcune delle canzoni più belle di sempre – If I Needed Someone, Love You To, Something, Within You Without You, Blue Jay Way, Here Comes the Sun, While My Guitar Gently Weeps – alla testimonianza in prima persona di Eric Clapton su quando gli “rubò” la moglie Pattie (l’ispiratrice di Layla), fino al concerto per il Bangladesh organizzato da Harrison, il primo concerto di beneficenza della storia, a cui prese parte tra gli altri anche Bob Dylan. E anche il famoso biglietto cinematografico più caro della storia del cinema, secondo la battuta di Eric Idle: ovvero quando Harrison da solo rimpiazzò la EMI che non voleva più produrre Brian di Nazareth dei Monty Python per la sua supposta blasfemia. “George disse che l’aveva fatto perché voleva vedere il film”, racconta Idle. Per l’appunto un biglietto da 4 milioni di dollari, per cui ipotecò addirittura la propria casa.
Tra alti e bassi, George Harrison cercò di essere in costante cambiamento per tutta la vita; senza necessariamente restare legato al motivo principale per cui tutti lo ricordano, avvicinandosi ad un’idea di spiritualità che – se non universalmente condivisibile – fu almeno personale ed intimamente sentita. Quella per cui, appunto, All Things Must Pass, tutte le cose devono finire.


CAST & CREDITS

(George Harrison - Living in the Material World) Regia: Martin Scorsese; fotografia: Robert Richardson, Russel Carpenter, Stuart Dryburgh, Simon Harding, Martin Kenzie, Ellen Kuras, Lisa Rinzler, Harris Savides, Peter Suschitsky; montaggio: David Tedeschi; produzione: Grove Street Pictures, Spitfire Pictures, Sikelia Productions; origine: Stati Uniti; durata: 208’.


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