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Gli amanti passeggeri

Pubblicato il 22 marzo 2013 da Fabiana Proietti
VOTO:


Gli amanti passeggeri

Iniziamo direttamente in medias res: la sequenza in cui i tre steward si cimentano in una coreografia sulle note di I’m so excited, successo eighties delle Pointer Sisters, basta già da sola a definire il senso del ritorno di Pedro Almodóvar a due anni da La pelle che abito, punto-limite di un’ossessione cinefila incanalata in operazioni sempre più asettiche, come la camera-prigione abitata dalla protagonista.

Ecco, se il cinema almodovariano aveva ormai finito per coincidere con la casa-cinema, perdendo dichiaratamente ogni contatto diretto con la realtà, con il mondo volgare e sgargiante degli esordi, Gli amanti passeggeri denuncia subito questo cedimento nostalgico del suo autore per i personaggi del suo debutto, le chicas irruenti e i gay chiassosi, per il turbinio della movida madrilena degli anni Ottanta.

Ma un ritorno autentico a quegli umori non sembra più possibile: il meccanismo narrativo perfetto è già contraddittorio rispetto all’anarchica sgangheratezza dei plot di Pepi Luci e Bom, indice di un nitore classico che il cinema di Almodóvar ha ormai introiettato: la coreografia della canzone delle Pointer Sisters diventa allora la cartina al tornasole di un film che aspira a una certa follia liberatoria ma non fa altro che controllarla, comprimerla.
Tanto nella trama, con questa fin troppo calibrata metafora politico/sociale dell’areo costretto a girare in tondo sopra Madrid, in attesa di una pista d’atterraggio sgombra, specchio di una Spagna sospesa, bloccata up in the air (ma le va pur sempre meglio che all’Italia, bella addormentata o girlfriend in a coma…), quanto in una messa in scena pastello, che riecheggia il vintage anni Sessanta proprio di tanto cinema americano – i deliziosi duetti Doris Day/Rock Hudson ad esempio, a cui rimandano i titoli di testa in stile Saul Bass – già al centro del look di Donne sull’orlo di una crisi di nervi.

Più che sulle contraddizioni del proprio Paese, Almodóvar sembra interessato a riflettere sulla sua carriera, sul senso del suo percorso artistico, ritrovando per strada i divi lanciati – i cammei di Penelope Cruz, Paz Vega e Antonio Banderas – e gli interpreti ricorrenti, tra cui la Cecilia Roth di Tutto su mia madre, e l’Javier Cámara di Parla con lei, le due pellicole che segnano l’apice e il compimento stilistico dell’almodrama, come intreccio inestricabile di commedia e mélo, umore camp e riflessione postmoderna sul linguaggio.

Da lì in poi il discorso almodovariano perde quota, come il suo aereo, in un leggero stato d’avaria che non lo fa cadere in picchiata ma lo costringe a girare in tondo, incapace di attingere genuinamente alla vita, cristallizzato nell’immaginario cinefilo.
Dal grande tributo al woman’s picture di Tutto su mia madre, al muto celebrato nella splendida sequenza dentro il corpo femminile di Parla con lei, al travestitismo performativo di La mala educacion, al revival delle dive italiane del Neorealismo di Volver fino al metacinema esplicito degli Abbracci spezzati e al voyeurismo di (retro)gusto hitchcockiano di La pelle che abito, non fa che raccontare il suo sprofondare nello schermo, il rifugiarsi in quella stanza dei giochi – e dei bottoni – che è il cinema.

Allora il criticato La pelle che abito, che esibiva questo disagio, appare oggi un film molto più personale e onesto di questo Gli amanti passeggeri, in cui il buon Pedro tenta di ritrovare una via per il mondo reale attraverso una sregolatezza tematica e stilistica – il sesso, raccontato, esibito, ridicolizzato – che è solo apparente, mentre la qualità più verace del suo cinema, l’amore totalizzante per i suoi personaggi, si stempera in una galleria di macchiette funzionali a una commedia di assoluto mestiere ma allo stesso tempo malinconica rivelazione della crisi del suo autore.


CAST & CREDITS

(Los amantes pasajeros); Regia e sceneggiatura: Pedro Almodóvar; fotografia: José Luis Alcaine; montaggio: José Salcedo; musica: Alberto Iglesias; interpreti: Javier Cámara, Raúl Arévalo, Carlos Areces, Lola Dueñas, Cecilia Roth, Hugo Silva, Antonio de la Torre, José Luis Torrijo, José María Yazpik, Guillermo Toledo; produzione: El Deseo; distribuzione: Warner Bros; origine: Spagna; durata: 90’; webinfo: Sito Ufficiale italiano


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