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Gold - Concorso

Pubblicato il 9 febbraio 2013 da Giovanella Rendi

VOTO:

Gold - Concorso

Unico film tedesco di tutto il concorso, Gold merita se non altro per questo un po’ di attenzione. Ma non solo: perchè il regista è Thomas Arslan, classe 1962, ex brillante promessa del “nuovissimo cinema tedesco” post-riunificazione, nonchè antagonista (se non altro esteticamente) di Fatih Akin nell’ambito di quel cinema turco-tedesco che per un decennio ha fatto sperare che i fasti del cinema nazionale fossero tornati, nonchè esponente di punta della cosiddetta “scuola berlinese” dalle forti influenze documentaristiche.
Senza troppo addentrarsi nel fallimento o, per essere meno severi, nell’involuzione del “nuovissimo cinema tedesco” in generale e di quello turco-tedesco in particolare, bisogna riconoscere ad Arslan il merito di aver sempre seguito un percorso estetico di grande rigore e coerenza, fortemente debitore della Nouvelle Vague e della scuola documentaristica tedesca di Harun Farocki, e allo stesso tempo di aver saputo diversificare le tematiche dei suoi film. Se già Im Schatten, presentato alla Berlinale 2010 si confrontava con il genere “krimi”, affrancandosi dal confronto con le sue origini turche, Gold ha il merito di affrontare un argomento poco noto o forse dimenticato o più legato alla letteratura che al cinema (Jack London viene in mente ancora prima di Charlie Chaplin) ovvero la corsa all’oro. Alla fine dell’Ottocento, in quel Klondike noto ai più soprattutto grazie a Zio Paperone, che si trova tra il Canada e l’Alaska, migliaia di avventurieri cercarono di fare fortuna in condizioni difficilissime, sfidando la wilderness con il miraggio delle pepite. Tra loro non c’erano solo i nordamericani o i nativi, ma anche molti stranieri e Arslan immagina un piccolo gruppo di emigrati tedeschi residenti negli Stati Uniti che si mette in marcia sull’onda dell’ottimismo generale.
Cinque uomini e due donne cercheranno di arrivare nella cittadina di Dowson per realizzare il loro sogno, non tanto per ottimismo, quanto piuttosto per disperazione: “il sogno americano” dei poveri migranti italiani verso il “nuovomondo” non sembrano averlo mai avuto o si è scontrato presto con una dura realtà fatta di lavoro e di sfruttamento e quasi tutti non hanno niente da perdere.
La speranza è poca e viene da subito messa a dura prova da una serie di eventi: l’organizzatore della spedizione che si rivela un truffatore, gli incidenti pratici, la morte dei cavalli, la fatica, l’incapacità di sostenere le aspettative di una famiglia intera che a casa aspetta solo di essere sfamata. A questo si aggiungono le rivalità interne per la leadership, gli antagonismi, le attrazioni.
Comincia bene Gold, perchè da subito appare come una dichiarazione di intenti contro l’uso di qualsivoglia elemento epico di facile presa. Il problema sorge però quando la rinuncia agli elementi di genere non viene sostituita da un approccio originale e il film si rivela troppo trattenuto per essere realmente avvincente. I personaggi sono tratteggiati senza molta originalità e con pochi indizi, i dialoghi sono meramente funzionali all’azione e la scelta dell’algida Nina Hoss come protagonista mette a dura prova qualsiasi forma di empatia.
Il regista conta troppo e indugia eccessivamente sulla bellezza dei selvaggi panorami, sottolineati continuamente da una musica troppo invasiva, e allo spettatore dopo poco non interessa più tanto sapere quanti e quali dei personaggi arriveranno vivi a destinazione.


CAST & CREDITS

(Gold); Regia e sceneggiatura: Thomas Arslan; fotografia: Patrick Orth; montaggio: Bettina Böhler; musica: Dylan Carlson; interpreti: Nina Hoss (Emily Meyer), Marko Mandic (Carl Boehmer), Uwe Bohm (Gustav Müller), Lars Rudolph (Joseph Rossmann), Peter Kurth (Wilhelm Laser); produzione: Schramm Film Koerner & Weber; origine: Germania, 2013; durata: 113’.


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