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Half Past Three

Pubblicato il 21 maggio 2008 da Giampiero Francesca


Half Past Three

Un vitello appena nato, una vecchia casa di legno, due anziane che preparano il pranzo. Parte da qui, dalla descrizione di un universo apparentemente lontanissimo nel tempo e nello spazio, il lavoro di Thomas Hodan, un salto all’indietro alla (ri)scoperta di ritmi e usanze dal sapore ancestrale.

Che senso ha misurare il tempo in un luogo in cui “un’ora o mezz’ora non ha significato”? La vita del villaggio raccontato da Hodan, perso nelle campagne della Repubblica Ceca, prescinde da orologi. Che siano le “tre e mezza”, poco importa. La nascita di un vitello, le festività, l’alternarsi del giorno e della notte bastano a misurare l’incedere dell’esistenza. Il semplice racconto “del ritmo degl’uomini e delle stagioni” messo a contrasto con la frenesia moderna, con la voglia di fuggire dei giovani, con le caotiche discoteche di città, ha però il sapore del già visto (l’ennesima rivisitazione del mito del buon selvaggio). L’immagine stessa dell’orologio banalizza la complessità del rapporto fra essere e tempo. E’ solamente questo ciò che importa di un mondo così apparentemente distante? E’ il solo modo per farci capire che la velocità raggiunta dall’occidente è eccessiva per poter essere sopportata? E’ unicamente un altro termine di paragone del nostro egocentrico occhio sul mondo?
I quadri della vita contadina, forse proprio perché lontani dal ragionamento profondo sulla cultura indagata, su tutto ciò che sottendono queste usanze, questa concezione della vita, diventano pennellate di un dipinto già osservato. Che siano le campagne ceche o i contadi nostrani, le immagini della vita appaiono stereotipate e distanti. Non emerge nell’occhio della telecamera lo spirito di chi cerca la varietà della società unita alla curiosità di capire.
L’osservazione scalfisce appena la superficie del visibile, senza mai addentrasi nel corpo vivo dell’oggetto narrato. Le immagini di uomini, donne, ragazzi e anziani passano davanti all’obiettivo senza mai raccontare nulla o quasi della loro verità profonda.

La forma sporca dell’immagine, volutamente malferma, l’assenza, fermamente presente, di Hodan sulla scena, rafforzano l’idea di un finto, analitico distacco. Una maschera di verità che restituisce però una realtà falsata, in cui restano le immagini di due anziane, di un vitellino e una vecchia casa di legno, perse in un tempo sospeso a monito forse di ciò che eravamo.


CAST & CREDITS

sceneggiatura: Tomás Hodan, Stepán Hon; fotografia: Filip Sturmankin; montaggio: Robert Slezak; suono: Anna Ryndova; scenografia: Brano Pazitka; formato: Colore, Beta Sp; produttore: Ondrej Beránek, Anna Becková; produzione: Punk Film, Czech Television; distribuzione: Taskovski Films Ltd; origine: Repubblica Ceca 2006; durata: 75’; sito: www.taskovskifilms.com, www.pulctrvrte.cz


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