Hancock

«L’elemento fondamentale della filosofia dei supereroi è che abbiamo un supereroe e il suo alter ego. Batman è di fatto Bruce Wayne, l’Uomo Ragno è di fatto Peter Parker. Quando quel personaggio si sveglia al mattino è Peter Parker: deve mettersi un costume per diventare l’Uomo Ragno. Ed è questa caratteristica che fa di Superman l’unico nel suo genere. Superman non diventa Superman: Superman è nato Superman. [...] Il suo alter ego è Clark Kent. [...] È il costume che Superman indossa per mimetizzarsi fra noi. Clark Kent è il modo in cui Superman ci vede. Quali sono le caratteristiche di Clark Kent? È debole, non crede in se stesso ed è un vigliacco. Clark Kent rappresenta la critica di Superman alla razza umana».
Bill da Kill Bill – Volume 2, 2004
Quindi non solo una tarantiniana dichiarazione di amore e rispetto nei confronti di Black Mamba, ma anche, ovviamente, una asserzione che oppone il superomismo all’umano troppo umano.
Anche Hancock (Will Smith), però, è un supereroe unico nel suo genere. Perché i suoi superproblemi appaiono così umani. Si sente solo perché crede di essere unico al mondo, non ricorda nulla delle sue origini, beve ed è scorbutico e, magari, vorrebbe anche lasciare il lavoro: Hancock è, innanzitutto, ’un uomo’ depresso che veste casual anche quando lavora e si ubriaca sdraiato sulle panchine di Los Angeles, senza mai sentire il bisogno di travestirsi da ragno o da pipistrello. Forse perché, nella sua interiorità più profonda, non pensa di essere un super-uomo, non ritiene di meritare troppa attenzione, anche se dispone di poteri che non sfigurerebbero di fronte a quelli del muscle man con la ’S’ stampata davanti al petto, antipatico emblema del Sogno americano e rappresentante della mitologia del Paese sul quale è atterrato – o, se si preferisce, nel quale è emigrato.
Pure Hancock atterra sulle strade losangeline quando il dovere lo chiama, anche se lui preferirebbe poltrire: ma l’alcol che trangugia si fa sentire, non permettendogli di volare in bello stile, lui che sembra possedere uno stile tutto suo. E quando compie degli atti eroici, non riesce a evitare di arrecare danni alla città: la sua presenza, perciò, diviene fin troppo invadente. E ciò non gli permette di essere amato dai concittadini.
Per fortuna accorrerà in suo aiuto Ray Embrey (Jason Bateman), idealista dirigente di una società di pubbliche relazioni, molto grato ad Hancock per avergli salvato la vita. L’uomo porterà il super-uomo a casa facendogli conoscere la tenera famigliola composta dalla moglie Mary (Charlize Theron) e dal piccolo Aaron. Ray dispenserà consigli gratuiti per rifondare l’immagine di Hancock, affinché questi possa integrarsi ed essere accettato nel tessuto sociale. Mary, invece, apparirà molto infastidita dalla nuova presenza.
In questo film, diretto da quel Peter Berg che solo pochi mesi fa ci aveva regalato il buon The Kingdom (e di nuovo prodotto dal grande Michael Mann), appare una evidente intenzione di prendersi gioco della cinematograficamente tipica figura dell’afroamericano disadattato (forse anche grazie all’intervento di Will Smith nelle vesti di produttore), magari soccorso da una bella famigliola dal viso pallido: quasi una citazione di Sei gradi di separazione, quindici anni dopo, dove sempre un elemento ’straniero’ sopraggiunge per gettare lo scompiglio in un ambiente apparentemente tranquillo. E in Hancock si sente la dicotomia molto hollywoodiana che si instaura tra ordine e disordine, qui generando situazioni di profonda ilarità. Inoltre è ben presente il tipico refrain americano su caduta e ascesa e sul senso del dovere e del sacrificio. Ma vi è anche una interessante rivisitazione delle figure dello ’stardom’, grazie soprattutto alle interpretazioni di due attori che si prestano molto nell’offrire performance che offrono prospettive vicine eppure nuove rispetto alla loro figure conclamate: in particolare Charlize Theron, già splendida Æon Flux, appare volontariamente appesantita nella sua parte da casalinga. Per cui Hancock si presenta come opera che tratta dell’immagine e dell’immaginario, mito da apprezzare e da sfatare allo stesso tempo, prigione dorata dalla quale tentare di fuggire.
Ma Berg vuole procedere al di là della mera parodia e della rilettura di un genere, cercando di instillare in esso nuova linfa vitale. Così, dopo una prima parte all’insegna di un divertimento sfrenato e anche volgare, ma mai fastidioso o fine a se stesso (dove corpi volano e cadono come neanche Wile E. Coyote sarebbe mai stato capace di fare) si invaghisce di volti che avvicina attraverso primissimi piani, volti ricchi di emozioni che raggiungono i limiti dello schermo, visi da scrutare osservare e ammirare nei loro sorrisi come nella loro voglia di commuoversi, sempre alla ricerca della felicità, propria e altrui. In mezzo scorre una mdp che il più delle volte volteggia con levità fra mani esperte, che con efficacia sanno restituire i diversi registri che si alternano lungo la breve durata del film: l’epico e l’intimistico, il parodistico e il melodrammatico, il realistico e il fumettistico, il tragico.
Peccato solo che il finale rientri nei binari più consoni del genere: perché, se il film fosse terminato come era per un attimo balenato, sarebbe stato sinceramente ancora più spiazzante e addirittura geniale. Peccato che, invece, si sia voluto quantomeno offrire una sorta di facile scappatoia, magari in previsione di un secondo episodio. E allora che ognuno torni al suo posto: perché per molti, per troppi, è questa l’unica ricetta per trovare la felicità. In particolare a Hollywood, dove il coraggio non sempre è padrone del destino di uomini che troppo spesso appaiono più vili che altrove.
(Id.); Regia: Peter Berg; soggetto e sceneggiatura: Vy Vincent Ngo e Vince Gilligan; fotografia: Tobias A. Schliessler; montaggio: Paul Rubell e Colby Parker Jr.; musica: John Powell; interpreti: Will Smith (John Hancock), Charlize Theron (Mary Embrey), Jason Bateman (Ray Embrey); produzione: Blue Light, Weed Road Pictures, Overbrook Entertainment; distribuzione: Sony Pictures Releasing Italia; origine: U.S.A. 2008; durata: 92’; web info: Sito ufficiale.
