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HARYU INSAENG (A CAVALLO DELLA TIGRE)

Pubblicato il 10 settembre 2004 da Giovanella Rendi


HARYU INSAENG (A CAVALLO DELLA TIGRE)

La risposta coreana a La meglio gioventù? La battuta è circolata al Lido subito dopo la proiezione di Haryu insaeng, ed effettivamente qualcosa in comune con il film di Giordana forse c’è, quantomeno la ricerca di un vasto affresco storico e sociale, in questo caso della Corea dal 1957 al 1972. Quindici anni di avvenimenti pubblici si intrecciano alle vicende di Tae Woong, piccolo gangster sposato con la figlia di un esponente dell’opposizione, che tenta la scalata sociale (dandosi persino alla produzione cinematografica senza saperne assolutamente niente e rimettendoci tutto) senza mai lasciarsi coinvolgere da interrogativi politici ma finisce per lo scontrarsi direttamente con la Cia, che controlla il paese dopo il fallimento della rivoluzione liberale.
Im Kwon-taek, classe 1936, da decenni considerato in patria tra i grandi maestri del cinema (quantomeno prima dell’era Kim Ki-duk) ha il merito di non appesantire con troppi personaggi una vicenda di per sé già abbastanza complicata, e non mette quindi eccessivamente in difficoltà uno spettatore occidentale non ferrato nella materia. Non mancano i tipici escamotage del genere cinematografico dell’epopea storica (li abbiamo visti anche in Reitz) in cui convergono immancabilmente eventi pubblici e privati, come la nascita del figlio la stessa notte della rivoluzione del 16 maggio ’61, ma le necessarie semplificazioni sono giustificate da una naiveté che si pone innanzitutto come una riproposta dei moduli stilistici di certo cinema di genere degli anni Cinquanta e Sessanta. Non soltanto il decor scenografico, ma anche le sfumature opache della fotografia, hanno il loro contraltare in una storia i cui personaggi sono giocoforza particolarmente caratterizzati, e i temi dell’amicizia maschile, dell’amore coniugale e dell’impegno politico sono quelli tipici di una cultura popolare del secondo Novecento.
Il tutto è soffuso di un sorridente e nostalgico amore per un cinema che non esiste più, in cui gli attori giravano fino a 9 film contemporaneamente e la censura tagliava scene d’amore considerate troppo spinte, e in cui l’uscita in sala di Gioventù Bruciata e dei film di James Bond segna il tempo al pari dei più grandi avvenimenti politici.

[settembre 2004]

regia: Im Kwon-taek; sceneggiatura: Im Kwon-taek; fotografia:Jung Il-sung; scenografia: Ju Byoung-do; montaggio: Park Soon-duk; musica: Shin Joong-hyun; interpreti: Cho Seung-woo, Kim Min-sun, Kim Hak-jun; produzione: Tae Hung Pictures; origine: Corea del Sud 2004; durata: 99’

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