Heidi

"Heidi, Heidi, ti sorridono i monti, Heidi, le caprette ti fanno ciao". In Italia, negli anni Settanta, non c’era un bambino che non sapesse a memoria il ritornello della sigla del meraviglioso cartone giapponese realizzato da Hayao Miyazaki. Come fruitori di animazione in televisione avevamo meno scelta ma la qualità del prodotto era altissima. Tutti abbiamo pianto per le gesta dell’orfanella e del nonno burbero senza nome. È curioso vedere la trasposizione cinematografica con persone vere, in carne e ossa, di quei personaggi che ci hanno scaldato il cuore: ognuno ha immaginato come preferiva la casetta sui monti, le guance della bambina, gli sguardi acrimoniosi della famigerata signorina Rottermeier.
Una storia tratta dal ciclo di romanzi della seconda metà del XIX, scritti da Johanna Spyri, una vicenda senza tempo (ma in vero molto storicizzata), in cui ogni carattere porta le sue qualità e i suoi difetti nel modo più tipico ed esemplare possibile. La purezza di Adelaide detta Heidi sconvolge la vita di chi la incrocia anche solo per pochi istanti: le cameriere della casa di Francoforte, i mendicanti al mercato, gli abitanti del villaggetto svizzero. Il candore inesorabile del suo sguardo acceca ogni forma di malignità. Il suo slancio, la sua esuberanza, il coraggio del vivere i sentimenti senza imbarazzi o preconcetti annulla ogni divieto, azzera la falsità, depotenzia i modelli comportamentali e educativi vigenti.
La pellicola inizia e termina con la bambina sulle montagne alpine, vista di schiena mentre simula il gesto di volare: guarda il cielo, invidia il falco, muove la braccia allungate in alto e in basso come fossero due ali. La natura è potente e irriverente, non subisce regole imposte, liberamente scandisce il tempo con esigenze di temperatura, orari, precipitazioni: il personaggio diviene, per certi versi, personificazione dell’universo circostante, l’onda d’urto delle sue azioni hanno eco tutto intorno, cerchi concentrici nello stagno della vita quotidiana.
G
li attori (Heidi è interpretata dalla solare Anuk Steffen, il nonno da un bruciato sul viso Bruno Ganz, in insolite vesti anziane) aderiscono in maniera lineare e mimetica ai personaggi; la sceneggiatura non si discosta minimamente dall’originale, la fedeltà alla storia è assoluta. Costumi e scene, carrozze e trine, mobilio e terra sul selciato cittadino, costituiscono il solido scheletro su cui la vicenda si posa con delicatezza, senza impennate o brusche sterzate. I dialoghi sono ben recitati e veritieri. Commovente fino al punto giusto (la scena in montagna in cui Clara riacquista mobilità alle gambe appare un po’ discutibile in verosimiglianza ma compiacente all’immedesimazione dello spettatore, che può tornare a casa sereno e dormire sonni tranquilli). Non troppo compiaciuto, non troppo implicito. Un film gradevole.
(Heidi); Regia: Alain Gsponer; sceneggiatura: Petra Volpe; fotografia: Matthias Fleischer; montaggio: Michael Schaerer; musica: Niki Reiser; interpreti: Anuk Steffen, Bruno Ganz, Isabelle Ottmann, Quirin Agrippi, Katharina Schuttler; produzione: Reto Schaerli, Lukas Hobi, Uli Putz, Jacob Claussen; distribuzione: Lucky Red; origine: Germania, Svezia; durata: 115’
